Caverni, Raffaello, Storia del metodo sperimentale in Italia, 1891-1900

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              il quale racconta come, per aver globi della maggior leggerezza possibile,
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              che più degli altri risentissero nel cadere gl'impedimenti dell'aria, s'accon­
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              ciasse esso Desaguliers di propria mano vessiche suine. </s>
              <s>“ Tempora autem
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              mensurabantur pendulis, ad dimidia minuta secunda oscillantibus. </s>
              <s>Et eorum,
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              qui in terra stabant, unus habebat horologium cum elatere ad singula mi­
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              nuta secunda, quater vibrante. </s>
              <s>Alius habebat machinam aliam affabre con­
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              structam, cum pendulo etiam ad singula minuta secunda quater vibrante. </s>
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              Et similem machinam habebat unus eorum, qui stabant in summitate Tem­
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              <s>Et haee instrumenta ita formabantur, ut motus eorum pro lubitu vel
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              inciperet, vel sisteretur ” (ibid., pag. </s>
              <s>335). </s>
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              <s>Veniva da tali esperienze, più precise di tutte le precedenti, che abbia
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              in tal proposito a raccontare la storia, e insuperabili forse ai futuri speri­
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              mentatori; a confermarsi direttamente il teorema del Newton, che cioè in
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              qualunque fluido
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              caeteris paribus
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              le resistenze son proporzionali alla den­
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              sità, e indirettamente, e per necessaria conseguenza, veniva anche insieme
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              a confermarsi il teorema di Galileo. </s>
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              <s>Ma il teorema galileiano della caduta dei gravi si concludeva in somma
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              nella proposizione che, levato ogni impedimento, ossia nel vuoto, i corpi, di
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              qualunque mole e di qualunque specie, si vedrebbero ivi andare ugualmente
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              <s>Non era questa però altro che un'induzione dall'esperienze fatte in
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              mezzi via via sempre più rari, giacchè l'esperienza diretta “ è forse, diceva
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              Galileo, impossibile a farsi ” (Alb. </s>
              <s>II, 327): </s>
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              <s>Occorse finalmente l'invenzione della Macchina pneumatica, presentita
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              in quel
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              forse,
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              e il Boyle, percorrendo quasi tutto il campo della Fisica, non
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              avrebbe lasciata questa parte indietro, se avesse potuto procurarsi tubi di
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              <s>Il Newton in ogni modo volle, come gli
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              era possibile, fare il primo esperimento, il quale però non riuscì decisivo,
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              perchè, in altezze inferiori a un metro, si vedono anche in mezzo all'aria
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              cadere in un tempo i corpi gravi e i leggeri. </s>
              <s>Il Desaguliers allora attese a
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              costruire una colonna di tubi congiunti insieme con mastice, e sostenuti
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              su su da traverse di legno, fissate da una parte e dall'altra, come i gradi
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              di una scala, a due staggi eretti sulla base della macchina, cosicchè potè
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              comporne un tubo andante di vetro lungo presso a quattro metri. </s>
              <s>Fattosi
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              in cotesto tubo il vuoto, nel Settembre del 1717, si dette pubblico spetta­
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              colo, essendovi presente il Re, e il principe di Walles, i quali videro ma­
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              ravigliati cader nello stesso tempo una ghinea e un bocconcello di carta. </s>
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              <s>Il Gravesande descrisse poi, con la sua solita minuziosa diligenza, una
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              macchina “ qua duo corpora in vacuo eodem momento demittuntur ” (Phy­
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              sices elem., T. II, Leidae 1748, pag. </s>
              <s>618-24) perchè veramente la maggior
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              difficoltà, e la cura più necessaria per la precisione dell'esperienza, consiste
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              nel lasciare i due corpi a un tempo: ciò che in questa macchina s'otteneva
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              per mezzo di una morsetta, un labbro della quale essendo elastico, s'allon­
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              tanava dall'altro immobile, per mezzo di un filo di ferro. </s>
              <s>Erano anzi que­
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              ste morsette sei, disposte intorno al centro di un esagono, per cui, fatto </s>
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