Zanotti, Francesco Maria, Della forza de' corpi che chiamano viva libri tre, 1752

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205181LIBRO II. zio CL, una ſola per lo ſpazio CA? Ben m’ a-
ſpettava, diſse allora la Signora Principeſsa, che
voi moſtrereſte il voſtro ingegno.
Signora, riſpo.
ſi, io credo di aver più toſto moſtrata la veri-
tà.
E poichè il credete, diſse ſubito la Signora.
Principeſſa, noi vi laſcieremo nell’ opinion vo-
ſtra, contenti di aver conoſciuto in queſto luo-
go quanto poſſa o l’ ingegno o la verità.
Intan-
to fie bene, che finendo una volta di dir degli
elaſtri, cominciate a dirci delle leggi del moto.

Signora, riſpoſi, io ho pochiſſimo da dirne, e il
cominciare e il finire ſarà tutto uno.
Pur, diſſe
la Signora Principeſſa, diteci quel pochiſſimo;

che ſe queſti Signori vorranno fare anch’ eſſi il
debito loro, interrogandovi, ove la coſa il ricer-
chi, e, quando faccia meſtieri, contradicendovi,
non finirete forſe così preſto.
Io credo, riſpoſi,
che come io ho poco da dire, così avranno eſſi
poco da contradire.
Ma certo a me pare, che eſ-
ſendo le leggi del moto non altro, che certe re-
gole, ſecondo cui per cagione dell’ urto ſi diſtri-
buiſce la velocità a corpi, e ſi fa quando mag-
giore e quando minore, niente altro ſi richiegga
a porle in effetto, ſe non l’ azione delle potenze,
che producono o diſtruggono la velocità, ſenza,
più.
E ſe io voleſſi entrare ora in ſottigliezze,
direi facilmente, che foſſe nella natura una po-
tenza ſola, la qual, non movendoſi eſſa, move
tutte le coſe;
e mi piacerebbe l’ ἀκίυητου di Ari-
ſtotile.
Sebbene eſſendo i movimenti varj tra

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