Caverni, Raffaello, Storia del metodo sperimentale in Italia, 1891-1900

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              esatte misure con avere veduto ed osservato qual sia il flusso dell'acqua per
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              un sottile cannello, perchè, raccogliendo ed avendo pesata quanta ne passa
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              v. </s>
              <s>g. </s>
              <s>in un minuto, potremo poi, col pesare la passata nel tempo della scesa
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              per il canale, trovare l'esattissima misura e quantità di esso tempo, serven­
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              doci massime di una Bilancia così esatta, che tira ad un sessantesimo di
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              grano ” (ivi, pag. </s>
              <s>43). </s>
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              <s>Resi oramai certi che i congetturati processi di Galileo sono i veri, si
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              vede da qual radice dovessero inevitabilmente provenire gli errori, ma si
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              aggiungeva di più, contro la desiderata precisione dell'esperienza, l'uso dei
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              piani inclinati. </s>
              <s>Il Riccioli non volle lasciare indietro nemmeno questa classe
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              di esperimenti, e ai gradi di una scala di pietra, AD (fig. </s>
              <s>140) alto sul pa­
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              vimento undici once e mezzo di piede romano antico, AE, alto un piede,
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              dieci once e mezzo, AF, alto due piedi e 50 once, appoggiava ora un ca­
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              <s>Figura 140.
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              nale, ora un regolo lungo 35 piedi, e per quello
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              faceva scendere l'acqua, e per questo corpi di
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              varia specie, come globi di legno e di argilla. </s>
              <s>
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              L'acqua, nelle tre varie disposizioni del regolo
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              in DC, EC, FC, lo passava in 15″, 40tʹ; 9, 10;
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              6, 40: il globo di legno, nelle tre simili di­
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              sposizioni, passava il regolo in 18″, 0tʹ; 11,
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              0; 8, 10, e il globo di argilla in 19″, 0tʹ;
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              12, 0; 8, 59. Ora è facile argomentare di qui
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              al notabile indugio prodotto dagli attriti, vedendosi l'acqua, che ne risente
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              meno, scendere assai più veloce. </s>
              <s>Che se il globo di argilla, benchè più
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              grave, procedeva nonostante men frettoloso, dipendeva, dice il Riccioli, uni­
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              camente da ciò, “ quia fricatione magis continua descendebat per canalem,
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              et ligneus saltitando sua levitate ulterius promovebatur ” (Almag. </s>
              <s>novum,
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              T. II cit., pag. </s>
              <s>393). </s>
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              <s>Se dunque Galileo trovò che una palla di artiglieria scende cento brac­
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              cia in cinque secondi, mentre si sa che ella la scenderebbe in qualche cosa
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              meno di tre secondi e mezzo, s'intende da che dovesse dipender l'errore,
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              che, in computo così sottile, è da dire esorbitante. </s>
              <s>E perchè l'esorbitanza,
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              concorrendovi le medesime cause, doveva pure ritrovarsi ne'risultati del­
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              l'esperienza descritta nel III dialogo Delle due nuove scienze, dicano dun­
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              que i nostri Lettori qual fede sia da dare allo stesso Galileo, quando volle
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              asserir, là, che gli spazi passati dalla palla di bronzo rispondevano esatta­
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              mente ai quadrati dei tempi. </s>
              <s>Di non esser creduto se l'aspettava egli stesso,
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              e che facendone altri esperienze più diligenti avrebbero trovato falso il suo
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              detto. </s>
              <s>Si contentava perciò di aver proposto innanzi a chi avesse saputo bene
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              usarlo un bello artificio, “ il quale, scriveva al Baliani, penso che ella sti­
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              merà squisitissimo, ancorchè poi, volendo sperimentare se quello che io
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              scrissi delle cento braccia in cinque secondi sia vero, lo trovasse falso, per­
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              chè, per manifestare la estrema gofferia di quegli, che scriveva ed assegnava
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              il tempo della caduta della palla d'artiglieria dall'orbe lunare, poco importa </s>
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