Caverni, Raffaello, Storia del metodo sperimentale in Italia, 1891-1900

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1il tutto serrato, entri in camera vento, come si manifesta dal veder
muoversi indentro la fiammella di una candela: e perchè sia la
stessa fiammella con gran velocità rapita, accostatala agli spiragli
dell'asse del cammino.
Il principe Leopoldo aveva della scienza più nobili e dignitosi
sentimenti, e se la sua condizione non rendesse difficile il farne la
giusta stima, diremmo che aveva altra cultura scientifica e altra
forza d'ingegno.
Difficile è il farne la giusta stima, perchè alcune
speculazioni e scoperte si dubita che sieno attribuite a lui dall'os­
sequio e dalla adulazione.
Così, per citare un esempio, la causa del
così detto salto dell'immersione osservato nelle caraffe a lungo collo
ripiene d'acqua e sommerse nella neve, il Borelli, con tutti gli altri,
dice essere stata investigata e scoperta dal Principe, quando però
discorre con lui e gli scrive in lettere familiari.
Ma liberato poi da
ogni servitù cortigianesca, dice francamente, nel libro De motioni­
bus natural. del salto dell'immersione: “ Ego animadverti et docui
hoc contingere a restrictione eiusdem vasis ” (Regio Julio 1670,
pag.
547).
Ma pure, la giudiziosa critica fatta dal Principe ad alcune spe­
culazioni, come sarebbe giusto quella dello stesso Borelli concer­
nente le cause del variar la pressione ammosferica, quando il tempo
si dispone o si scioglie in pioggia, e come sarebbe l'altra con la
quale il Renieri, per similitudine della varia disposizione delle lenti
nel canocchiale, spiegava il ricrescer l'apparente figura degli astri,
giunti vicino a toccar l'orizzonte; mentre rivelano una non ordi­
naria acutezza d'ingegno, rendon nel medesimo tempo bella testi­
monianza di quel modesto riserbo, con cui il Principe stesso entrava
nel pericolo di quelle scientifiche discussioni.
Quel che però abbiam per certissimo, è che in mezzo ai pia­
ceri e agli svaghi di una splendida corte, attese con grande amore
agli studii matematici, infino da giovanetto.
Di ventun'anno faceva
richiedere a Galileo la dimostrazione allora allora trovata dal famoso
supposto meccanico, per mezzo del suo precettore don Famiano Mi­
chelini, il quale così scriveva al medesimo Galileo: “ Il Serenissimo
ha di già visti i sei libri di Euclide e di presente vede l'undecimo,
e il detto libro del Moto (i Dial.
delle Due N. S.) con pensiero di
veder prima le Opere di V. S.
Molto Illustre ed Eccellentissima e
poi il resto dei matematici ” (MSS. Gal.
Div. II. P. VI. T. XIII. c. 112).
L'anno dopo, avendo Fortunio Liceti già pubblicato il suo libro
De Lapide bononiensi, nel capitolo L, del quale, contro le dottrine

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