Zanotti, Francesco Maria, Della forza de' corpi che chiamano viva libri tre, 1752

Page concordance

< >
Scan Original
201 177
202 178
203 179
204 180
205 181
206 182
207 183
208 184
209 185
210 186
211 187
212 188
213 189
214 190
215 191
216 192
217 193
218 194
219 195
220 196
221 197
222 198
223 199
224 200
225 201
226 202
227 203
228 204
229 205
230 206
< >
page |< < (185) of 343 > >|
209185LIBRO II. incontraſſero, dovrebbon toſto fermarſi, perden-
do ogni forza loro.
E certo non può intenderſi,
che due movimenti eguali tra loro, e contrarii,
non ſi diſtruggano.
E diſtruggendoſi i movimenti
debbono i corpi fermarſi;
i quali fermandoſi non
è alcun dubio, che perdono ogni forza.
Ora di
qui è nato un argomenro aſſai moleſto a Leibni-
ziani, del quale i Carteſiani ſpeſſe volte ſi vaglio-
no;
imperocchè ſe la forza doveſſe miſurarſi dal
quadrato della velocità, potrebbono i due cor-
pi duriſſimi incontrarſi con eguali quantità di mo-
to, avendo però forze diſeguali;
e in queſto ca-
ſo fermandoſi amendue, e perdendo ogni forza,
biſognerebbe dire, che due forze diſeguali incon-
trandoſi ſi diſtruggeſſero l’ una e l’ altra egualmen-
te, il che pare eſſere impoſſibile.
E quindi raccol-
gono i Carteſiani, che la forza non debba dunque
miſurarſi dal quadrato della velocità.
I Leibniziani
non ardiſcon negare, che due corpi duriſſimi,
avendo eguali quantità di moto, e incontrandoſi
doveſſer fermarſi.
Non ſapendo dunque, che ri-
ſpondere, e non potendo levar via la difficoltà, le-
vano la ſuppoſizione;
e ricuſano aſpramente di
mai ſupporre alcun corpo duriſſimo.
Ne val pre-
garli, ne dir loro, che la perfetta durezza non vuol
già introdurſi nella natura, ma vuol ſolo averſi
per poſſibile;
e che noi abbiam ben ſuppoſto, per
amor loro, elaſtri perfettiſſimi, et oltre a ciò im-
materiali et incorporei;
che tutto è nulla. Così ſi
han fitto nell’ animo di non voler fermarſi

Text layer

  • Dictionary

Text normalization

  • Original

Search


  • Exact
  • All forms
  • Fulltext index
  • Morphological index