1per confutarle, il Gassendo. “ Inquis, cum neque ex terminis notum sit, neque
ulla sufficiente experientia confirmatum, imo cum rationes etiam non de
sint, quibus oppositum probabilius reddatur, nempe gradus velocitatis per
longius planum acquisitos gradibus per brevius planum acquisitos esse mi
nores; id a Galilaeo non peti, sed debuerat demonstrari, cum praesertim
maxima pars subsequentium theorematum hoc unico postulato nitantur. Quid
enim certi ex incertis concludi potest aut ex principio, ut ipsemet Galilaeus
agnoscit, verisimili tantum ac probabili, demonstrari? ” (De proportione qua
gravia accelerantur, Epist. I cit., pag. 21). Il Mersenno era pure di questo
sentimento, e diceva in Roma a Michelangiolo Ricci “ che l'assunto primo
fatto dal Galileo era bisognoso di prove, e perciò o probabile o improbabile,
ed in conseguenza le proposizioni sei seguenti osserva esser tanto lontane
dall'evidenza geometrica, quant'è impossibile aver certezza di una conclu
sione dedotta da verosimile assunto ” (MSS. Gal. Disc., T. XLII, fol. 116).
Ripeteva così dicendo il Censore quel che gli aveva pochi anni prima scritto
il Cartesio in una sua Epistola, nella quale, fra le parecchie altre cose no
tate contro a quello che novamente aveva letto nel Galileo, era anche que
sta: “ Supponit etiam velocitatis gradus eiusdem corporis in diversis planis
esse aequales, quando aequales sunt istorum planorum elevationes. Hoc vero
ille non probat, neque exacte verum est. Et quia sequentia omnia ex dua
bus hisce hypothesibus dependent, dici potest illum in aere aedificasse ”
(Epist., P. II cit., pag. 243, 44).
ulla sufficiente experientia confirmatum, imo cum rationes etiam non de
sint, quibus oppositum probabilius reddatur, nempe gradus velocitatis per
longius planum acquisitos gradibus per brevius planum acquisitos esse mi
nores; id a Galilaeo non peti, sed debuerat demonstrari, cum praesertim
maxima pars subsequentium theorematum hoc unico postulato nitantur. Quid
enim certi ex incertis concludi potest aut ex principio, ut ipsemet Galilaeus
agnoscit, verisimili tantum ac probabili, demonstrari? ” (De proportione qua
gravia accelerantur, Epist. I cit., pag. 21). Il Mersenno era pure di questo
sentimento, e diceva in Roma a Michelangiolo Ricci “ che l'assunto primo
fatto dal Galileo era bisognoso di prove, e perciò o probabile o improbabile,
ed in conseguenza le proposizioni sei seguenti osserva esser tanto lontane
dall'evidenza geometrica, quant'è impossibile aver certezza di una conclu
sione dedotta da verosimile assunto ” (MSS. Gal. Disc., T. XLII, fol. 116).
Ripeteva così dicendo il Censore quel che gli aveva pochi anni prima scritto
il Cartesio in una sua Epistola, nella quale, fra le parecchie altre cose no
tate contro a quello che novamente aveva letto nel Galileo, era anche que
sta: “ Supponit etiam velocitatis gradus eiusdem corporis in diversis planis
esse aequales, quando aequales sunt istorum planorum elevationes. Hoc vero
ille non probat, neque exacte verum est. Et quia sequentia omnia ex dua
bus hisce hypothesibus dependent, dici potest illum in aere aedificasse ”
(Epist., P. II cit., pag. 243, 44).
Nel Mersenno e nel Cartesio, come nel Cabeo e nel Cazr, non erano
scevri da passione così fatti giudizi, ma che fossero comuni, lo conferma
l'esservi anche i più amorevoli a Galileo, benchè per diverso motivo, con
corsi. Il Viviani così scriveva a proposito de'suoi studii giovanili: “ Appena
ebbi scorsi i primi Elementi, che, impaziente di vederne l'applicazione, pas
sai alla scienza dei moti naturali, nuovamente promossa dal Galileo, e che
allora appunto era uscita alla luce, ed arrivato a quel principio supposto
che le velocità dei mobili naturalmente per piani di una medesima eleva
zione siano uguali fra loro, dubitai, non già della verità dell'assunto, ma
della evidenza di poterlo suppor come noto ” (Scienza universale delle pro
porzioni, Firenze 1674, pag. 99).
scevri da passione così fatti giudizi, ma che fossero comuni, lo conferma
l'esservi anche i più amorevoli a Galileo, benchè per diverso motivo, con
corsi. Il Viviani così scriveva a proposito de'suoi studii giovanili: “ Appena
ebbi scorsi i primi Elementi, che, impaziente di vederne l'applicazione, pas
sai alla scienza dei moti naturali, nuovamente promossa dal Galileo, e che
allora appunto era uscita alla luce, ed arrivato a quel principio supposto
che le velocità dei mobili naturalmente per piani di una medesima eleva
zione siano uguali fra loro, dubitai, non già della verità dell'assunto, ma
della evidenza di poterlo suppor come noto ” (Scienza universale delle pro
porzioni, Firenze 1674, pag. 99).
Nel medesimo tempo che il Viviani, attendeva allo studio delle Matema
tiche il giovane principe Leopoldo dei Medici, sotto la direzione di Famiano
Michelini, il quale scriveva a Galileo che S. A. aveva difficoltà in ammet
tere per certo l'assunto, che si supponeva nel bellissimo libro Del moto, e
lo pregava perciò a volergliene mandar la dimostrazione, perchè senz'essa
pareva al suo regio alunno “ di andare al buio, ancorchè quelle esperienze,
che Ella pone nel libro, siano poco meno che dimostrazione ” (MSS. Gal.,
P. VI, T. XIII, fol. 112).
tiche il giovane principe Leopoldo dei Medici, sotto la direzione di Famiano
Michelini, il quale scriveva a Galileo che S. A. aveva difficoltà in ammet
tere per certo l'assunto, che si supponeva nel bellissimo libro Del moto, e
lo pregava perciò a volergliene mandar la dimostrazione, perchè senz'essa
pareva al suo regio alunno “ di andare al buio, ancorchè quelle esperienze,
che Ella pone nel libro, siano poco meno che dimostrazione ” (MSS. Gal.,
P. VI, T. XIII, fol. 112).