Zanotti, Francesco Maria, Della forza de' corpi che chiamano viva libri tre, 1752

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211187LIBRO II. ſtra aver preſo quel ruſticum con ſerietà; e tanto
vi torna ſopra, e per tal modo, che par quaſi vo-
glia rivolgerlo ſopra di me;
quantunque io cer-
to l’aveſſi detto ſcherzevolmente.
Ben vi ſta, diſ-
ſe allora ſorridendo la Signora Principeſſa;
così
imparerete di non ſcherzar con gli Dii.
Ma che
avrà detto il Padre Riccati, diſſe quivi il Signor
D.
Serao, leggendo negli atti di Lipſia quel ſot-
tiliſſimo ragionamento di Bernulli, da me poc’an-
zi rammemorato, la dove e’dice, che voi altri,
che ſiete contrarj alla forza viva, ſoſtenete quel-
la voſtra ſentenza per mal talento, e ſiete bugiar-
di e mentitori?
Il Padre di ciò non fa parola, diſſi
io allora;
e crede forſe, che a Bernulliani ſtia bene
ogni coſa;
verſo me, che ſono un’ uom mortale,
è più ſevero.
Riſe quivi di nuovo la Signora
Principeſsa;
poi diſſe: torniamo al propoſito; per-
chè io vorrei pur ſapere da voi, come diciate, che
i Leibniziani non hanno riſpoſta niuna all’ argo-
mento de Carteſiani, poc’ anzi detto.
Non glie
ne avete moſtrato una voi ſteſso ne voſtri comen-
tarj?
la quale, ſe mi ricordo, è pur queſta: che
qualora due corpi duriſſimi s’incontrano, agiſcono
l’ un contro l’altro, e contraſtano, non già con le
forze vive, non potendo eſſi ne ſchiacciarſi ne rom-
perſi, in che la forza viva ſi adopra;
ma coi mo-
vimenti ſoli.
E quindi è, che ſe i movimenti ſo-
no contrarj et eguali, debbono i corpi fermarſi,
quantunque le forze vive non ſieno eguali;
le qua-
li poi ſi eſtinguono eſtinguendoſi i movimenti.

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