Caverni, Raffaello, Storia del metodo sperimentale in Italia, 1891-1900

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Egli dava, nel riconoscerne la naturale evidenza, la più decisa e più
concludente dimostrazione fra le molte che, dai Matematici posteriori, a in­
cominciare dallo stesso Galileo infino all'Huyghens, furono speculate, e pro­
poste a verificare le prime fatte supposizioni.
Si desumeva per esso Valerio
la detta dimostrazione dal principio della composizione dei moti, considerando
l'impeto della scesa per l'obliqua AC (fig.
180) come prodotto dalla forza
371[Figure 371]
Figura 180.
AC, la quale venga decomposta nella verticale BC e nella
orizzontale AB.
E perciocchè per questa la forza impel­
lente è nulla, non riman dunque attivo altro che l'im­
peto per BC, e perciò essendo le cadute o per AC o
per BC del medesimo effetto, si vede come debbano
essere in B e in A le velocità uguali.
E perchè son
documento assai importante alla storia dei moti com­
posti e a quella del famoso supposto meccanico, rife­
riamo le parole proprie, che soggiungeva alle sopra trascritte il valoroso pro­
fessore nell'Arciginnasio romano.
“ Per quanto poi si riferisce alla seconda supposizione, scriveva a Ga­
lileo, questa non mi si rende men chiara della prima, perciocchè essendo il
moto del corpo grave D, nella figura precedente, mosso per l'AC all'oriz­
zonte AB, mobile verso l'AB, e l'altro per una perpendicolare all'orizzonte,
essa ancor mobile; cosa chiara è che, quando D sarà in A, avrà acquistato
tanto impeto o inclinazione a velocemente muoversi, che è la quantità del­
l'effetto (in quanto effetto, dico, di quella parte del moto composto, che si
fa per la perpendicolare mobile eguale alla stabile CB) quanto avrebbe acqui­
stato, se D si fosse mosso per la sola perpendicolare CB, e ciò dico in vi­
gore del sopra detto principio ” (Alb.
VIII, 47, 48).
IV.
Rassicurato dunque così Galileo che, supponendosi noti i due principii
sottoposti all'autorevole giudizio di Luca Valerio, si poteva sopr'essi, sen­
z'altro bisogno di ricorrere al Teorema meccanico, stabilire con sicurezza il
nuovo architettato edifizio; nell'estate del 1609 dette mano a condurlo se­
condo quest'altro meditato disegno, lusingandosi che sarebbe senz'alcuna
contradizione approvato.
Le due prime proposizioni perciò del II Libro ri­
manevano ferme, come il primo anello, da cui doveva dipendere la lunga
catena, senz'altro intermedio delle due seguenti proposizioni meccaniche, le
quali venivano perciò repudiate come sospette di fallacia in concludere da
esse le ragioni dei moti accelerati.
Dovevano in loro luogo supplire i due
principii supposti, dai quali si verrebbe a dimostrare il Teorema fondamen­
tale, che cioè i tempi nel perpendicolo e nell'obliqua hanno la proporzione
delle loro lunghezze lineari.

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