Caverni, Raffaello, Storia del metodo sperimentale in Italia, 1891-1900

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V.
Dicemmo come fossero le proposizioni, da noi sopra ordinate in forma
di trattato, dimostrate interrottamente da Galileo, in certe ore di quiete dai
travagli dell'animo, e di riposo dallo studio delle cose celesti, quando nel 1630,
ritiratosi in pace solitaria nell'amena suburbana villa di Bellosguardo, an­
nunziava agli amici, come a Niccolò Aggiunti “ l'acquisto conseguito nella
Scienza del moto ” (Alb.
IX, 215). Abbiamo di un tale acquisto, che si do­
veva essere steso a vario, e più largo soggetto, un documento curioso nelle
stesse carte galileiane, e particolarmente nella 78a e nella 93a del citato vo­
lume, sulla prima delle quali leggesi, a quel modo che fu data alle stampe,
la proposizione XXIX manoscritta sul tergo di una lettera, indirizzata all'Au­
tore il dì 10 di Gennaio di quell'anno 1630, da un amico, per invitarlo a
pranzo nella sua prossima villa delle Rose; e la proposizione XXXIV, scritta
pure dalla propria mano di Galileo, sul rovescio di quell'altra carta citata,
che è una lettera indirizzatagli di que'giorni da un signore della famiglia
Galletti.
Mentre così attendeva all'opera di esplicar meglio il trattato, e dai primi
e principali teoremi dedurre le conseguenze o più curiose o più importanti,
era venuto il tempo di raccogliere finalmente i materiali dispersi, e nel corso
di quasi trent'anni già preparati, per dar mano a costruire il nuovo pre­
meditato edifizio.
Tre abbiamo veduto essere stati i disegni, che vuol ora
Galileo prendere in esame, per elegger quello, che sarà giudicato meritevole
di essere esposto alla pubblica vista.
Procedevano i primi due in perfetta
regola, senz'altre supposizioni, da quelle in fuori che il comun senso appro­
verebbe come verità per sè chiare e naturali, e si poneva al terzo per fon­
damento un supposto, che l'Autore stesso credeva, se non necessario, al­
meno utile il dimostrarlo.
Il motivo di questo, che fu per comune giudizio
un progredire in peggio, si disse essere stato il dubbio se, dalle proprietà
dei moti equabili si potessero legittimamente concludere quelle dei moti ac­
celerati; dubbio che fece lasciare a Galileo la diritta via regia, come cavallo
che subito adombra.
Poi s'ebbe a persuader del suo inganno, specialmente quando rivolse
l'attenzione sopra quel teorema, che lasciò nel foglio 163 manoscritto, e che
386[Figure 386]
Figura 195.
fu collocato in ordine il XXV nella serie delle
proposizioni, che compongono il trattato a stampa.

Succedendo il moto equabile per la orizzontale CF
(fig.
195) al moto accelerato per l'obliqua AB, e
per la perpendicolare AC, se BE sia la metà di
AB, e DC la metà di AC, si ha per quella XXV
proposizione T.oAB:T.oEB=AB:EB; T.oAC:T.oDC=AC:DC.

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