1bile in D esse eiusdem momenti, quod in E ” (MSS. Gal., P. V, T. II, fol. 88).
Ma si ridusse tutta quella dimostrazione nel fatto sperimentale dei pendoli,
che risalgono alla medesima altezza orizzontale, da cui furono scesi. (Alb.
XIII, 164, 65).
Ma si ridusse tutta quella dimostrazione nel fatto sperimentale dei pendoli,
che risalgono alla medesima altezza orizzontale, da cui furono scesi. (Alb.
XIII, 164, 65).
Delle proposizioni, che compongono il terzo trattato manoscritto, non ne
fu nello stampato lasciata addietro nessuna nella sostanza, ma furono quasi
tutte rifuse. Talvolta un teorema si umilia al grado di corollario, e tal altra
un corollario si esalta alla dignità di teorema. Non sempre però, in così fare,
si riducono le cose in meglio, giudice il Viviani, il quale avrebbe voluto ve
der trattata, per esempio, la proposizione VI, stampata, in altro modo, e non
sapendo nulla del corollario alla V proposizione del III libro manoscritto, e
credendo che avesse Galileo per inavvertenza così lasciate le cose in difetto,
vi supplì di suo in una Nota, che l'Albèri pubblicò a pag. 184 del citato
Tomo XIII.
fu nello stampato lasciata addietro nessuna nella sostanza, ma furono quasi
tutte rifuse. Talvolta un teorema si umilia al grado di corollario, e tal altra
un corollario si esalta alla dignità di teorema. Non sempre però, in così fare,
si riducono le cose in meglio, giudice il Viviani, il quale avrebbe voluto ve
der trattata, per esempio, la proposizione VI, stampata, in altro modo, e non
sapendo nulla del corollario alla V proposizione del III libro manoscritto, e
credendo che avesse Galileo per inavvertenza così lasciate le cose in difetto,
vi supplì di suo in una Nota, che l'Albèri pubblicò a pag. 184 del citato
Tomo XIII.
Anche la proposizione VIII del II Libro, benchè solennemente promessa
nel I dialogo Dei due massimi sistemi (Alb. I, 32), non apparisce esplicita
nel III dialogo Delle scienze nuove, benchè si derivi per facile corollario
dalla IX, stampata in quel Dialogo stesso.
nel I dialogo Dei due massimi sistemi (Alb. I, 32), non apparisce esplicita
nel III dialogo Delle scienze nuove, benchè si derivi per facile corollario
dalla IX, stampata in quel Dialogo stesso.
Le proposizioni principali hanno, anco in questo stampato, quei tre cen
tri evolutivi da noi notati nel III Libro, e dai quali sembrava si dovesse far
dipendere la bene ordinata serie dei teoremi, ma Galileo non sempre osserva
quest'ordine. Si direbbe anzi che non osserva ordine alcuno, nel distribuire
le parti accessorie e le mediane del suo trattato, e quel lasciare un soggetto,
per passare a un altro, e poi tornare ancora indietro sopra quel primo, fu
una delle precipue ragioni, per cui parvero le dimostrate cose, specialmente
ad alcuni poco benevoli, oscure e prolissamente noiose.
tri evolutivi da noi notati nel III Libro, e dai quali sembrava si dovesse far
dipendere la bene ordinata serie dei teoremi, ma Galileo non sempre osserva
quest'ordine. Si direbbe anzi che non osserva ordine alcuno, nel distribuire
le parti accessorie e le mediane del suo trattato, e quel lasciare un soggetto,
per passare a un altro, e poi tornare ancora indietro sopra quel primo, fu
una delle precipue ragioni, per cui parvero le dimostrate cose, specialmente
ad alcuni poco benevoli, oscure e prolissamente noiose.
Prese giusto da questa prolissità motivo il Cartesio di dire che non ebbe
la pazienza di leggere le galileiane dimostrazioni, benchè, pur così come
stavano, avesse fiducia che fossero vere. “ De geometricis demonstrationi
bus, quibus liber eius refertus est, scriveva così del libro di Galileo in una
delle sue Epistole al Mersenno, nihil dico; non enim potui a me impetrare ut
illas legerem, et quidem crediderim veras esse omnes ” (Pars. II cit., pag. 244).
In semplicemente legger però l'enunciato dei varii proposti teoremi disse di
avervi questo notato come certo, che non era cioè punto necessario essere
un gran Geometra per ritrovarli, e che non s'andava, nel condurre il ra
gionamento, per le vie più spedite. “ Hoc enim observavi, propositiones inspi
ciendo, non esse opus ut quisquam sit magnus Geometra ad illas invenien
das ” (ibid.).
la pazienza di leggere le galileiane dimostrazioni, benchè, pur così come
stavano, avesse fiducia che fossero vere. “ De geometricis demonstrationi
bus, quibus liber eius refertus est, scriveva così del libro di Galileo in una
delle sue Epistole al Mersenno, nihil dico; non enim potui a me impetrare ut
illas legerem, et quidem crediderim veras esse omnes ” (Pars. II cit., pag. 244).
In semplicemente legger però l'enunciato dei varii proposti teoremi disse di
avervi questo notato come certo, che non era cioè punto necessario essere
un gran Geometra per ritrovarli, e che non s'andava, nel condurre il ra
gionamento, per le vie più spedite. “ Hoc enim observavi, propositiones inspi
ciendo, non esse opus ut quisquam sit magnus Geometra ad illas invenien
das ” (ibid.).
Il giudizio è forse uno dei più giusti, che uscissero dalla mente del
Cartesio, perchè, appetto alla Geometria, così largamente promossa da lui,
questa di Galileo doveva sembrare una esercitazione da scolaretti. Ma è a
pensar che il Trattato galileiano, uscito alla pubblica luce nel 1638, e dal
Cartesio stesso letto qualche anno dopo, s'era incominciato a comporre nei
princiqii del secolo, quando la Geometria non conosceva altri promotori che
Cartesio, perchè, appetto alla Geometria, così largamente promossa da lui,
questa di Galileo doveva sembrare una esercitazione da scolaretti. Ma è a
pensar che il Trattato galileiano, uscito alla pubblica luce nel 1638, e dal
Cartesio stesso letto qualche anno dopo, s'era incominciato a comporre nei
princiqii del secolo, quando la Geometria non conosceva altri promotori che