Zanotti, Francesco Maria, Della forza de' corpi che chiamano viva libri tre, 1752

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213189LIBRO II. rovvi chiaramente vedere, che quella mia riſpo-
ſta poteva e doveva uſarſi a ſoſtenere la forza vi-
va contro a Carteſiani;
dileguando per ciò le ob-
biezioni del Padre Riccati, le quali, ſe ben mi
ricordo, ſon due;
e la prima è queſta: ſe due
corpi duriſſimi, dice egli, incontrandoſi, niente
adopraſſero le loro forze vive, e tuttavia col fer-
marſi ſubito le perdeſſero, biſognerebbe dire, che
tali forze ſi eſtingueſſero ſenza avere operato nul-
la;
e ciò è, ſecondo lui, un grandiſſimo aſſur-
do, perciocchè le ſorze non vogliono eſſer nate
al mondo inutilmente, ne perire ſenza aver pro-
dotto il loro effetto.
Queſta ragione non mi par
già una cerimonia, diſſe allora la Signora Prin-
cipeſſa.
Et io, ſe voi, diſſi, la eſaminerete bene,
e conſidererete, da qual principio ella parta, la
troverete così vana, che comincierà forſe a parer-
vi una cerimonia.
Ella parte, diſſe allora la Si-
gnora Ptincipeſſa, e ſi trae da quel principio, che
una forza non poſſa eſtinguerſi in natura, e pe-
rire, ſe non operando, e faccendo il ſuo effetto.
Ma parvi egli, diſſi io allora, che tal propoſizio-
ne ſia da metterſi così ſenza dubio alcuno tra i
principj?
Parvi egli, che ſia una propoſizion tan-
to chiara, e tanto evidente, che doveſſe per amor
d’ eſſa rifiutarſi una riſpoſta, che io offeriva con
tanto affetto a Leibniziani, e che era loro cotan-
to utile?
Allora il Signor D. Niccola, voi ſiete
diſſe, troppo rigoroſo;
perchè mettiamo pure, che
non ſia quella propoſizione, come un

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