Zanotti, Francesco Maria, Della forza de' corpi che chiamano viva libri tre, 1752

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214190DELLA FORZA DE’ CORPI di Euclide; è però vera, ne vuol negarſi; percioc-
chè egli è pure ſecondo la conſuetudine della natu-
ra, che niuna forza ſi eſtingua e periſca mai ſe non
operando, e faccendo alcun’ effetto;
la qual con-
ſuetudine io potrei dimoſtrarvi con innumerabili
eſempli, ſe ſi poteſſer qui ora ſcorrere tutte le
parti sì della fiſica come della meccanica.
E voi
ſapete, che alle conſuetudini della natura vuolſi
aver riguardo.
Si veramente, riſpoſi; e per que-
ſto riguardo io non voglio già, che i Leibnizia-
ni dicano eſsere alcun corpo nel mondo, in cui
periſca la forza viva ſenza operar nulla;
io gli
pregava ſolamente a voler dire, che la forza vi-
va potrebbe perire ſenza operar nulla, ſe foſse-
ro al mondo de’ corpi duriſſimi, i quali però non
vi ſono.
Nel che niente ſi offende la conſuetudine
della natura, la qual vuol eſsere oſservata ne cor-
pi, che ſono, e non in quei, che non ſono.
Sicco-
me la conſuetudine, che hanno tutti i corpi, come
ſon poſti in libertà, di cadere, niente ſi offenderebbe
ſupponendo un corpo non grave, il qual per ciò
non cadeſſe;
perciocchè quella conſuetudine è
ne corpi per queſto appunto perchè ſon gravi;
così quella conſuetudine, che ogni forza ſi eſtin-
gua faccendo alcun effetto, è forſe nella natura,
perchè non ſono nella natura corpi duriſſimi, i
quali ſe vi foſſero, quella conſuetudine non ſa-
rebbe.
Voi dite beniſſimo, diſſe allora il Signor
D.
Nicola, che le conſuetudini della natura deb-
bono oſſervarſi nè corpi, che ſono, non in

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