1che sta di mezzo vedemmo non esser altro che una soprabbondanza di or
dito, messo in mezzo alle rare fila dal tessitore, quando impose altro nome,
e volle riserbare ad altr'uso l'inaspettatamente riuscita eccellenza della tela.
Per servirsi d'altra immagine a significare il medesimo concetto, si direbbe
che avvenne a Galileo come a colui, che, correndo la ruota, vede uscire un'an
fora dall'argilla posta in sul tornio, per ridurla alle semplici forme di un
orciolo. La curiosa trasformazione apparisce evidente a chi paragona il primo
trattatello manoscritto, l'intenzion del quale era quella di concluder che il
tempo per gli archi è più breve che per le corde inflesse, con l'ultimo trat
tato a stampa, in cui proponevasi l'Autore di dimostrare le proprietà dei
moti locali, a fine d'instaurarne una Scienza nuova.
dito, messo in mezzo alle rare fila dal tessitore, quando impose altro nome,
e volle riserbare ad altr'uso l'inaspettatamente riuscita eccellenza della tela.
Per servirsi d'altra immagine a significare il medesimo concetto, si direbbe
che avvenne a Galileo come a colui, che, correndo la ruota, vede uscire un'an
fora dall'argilla posta in sul tornio, per ridurla alle semplici forme di un
orciolo. La curiosa trasformazione apparisce evidente a chi paragona il primo
trattatello manoscritto, l'intenzion del quale era quella di concluder che il
tempo per gli archi è più breve che per le corde inflesse, con l'ultimo trat
tato a stampa, in cui proponevasi l'Autore di dimostrare le proprietà dei
moti locali, a fine d'instaurarne una Scienza nuova.
È dunque manifesta di qui l'origine storica di quel III dialogo Del moto,
che formò l'ammirazione del mondo: è manifesto cioè che, dall'esercitarsi
Galileo intorno alle proprietà meccaniche dei cerchi, fu condotto a ritrovare
i principii e le conseguenze nuove della Scienza universale dei moti. Ora è
notabile che questa universalità si riduca infine e torni alle particolarità delle
prime intenzioni, giacchè si vede che anche il trattato, a cui s'impose il
titolo Dei moti locali, si corona con la proposizione XXXVI, nella quale si
dimostra che la via più breve di giungere da un punto all'altro, non è per
la rettitudine della corda, ma per l'arco sotteso. Quella XXXVI proposizione
dunque, che non è più la finale intenzion del trattato, vi riman nulladimeno
una delle principali; ond'è che la sua propria dignità c'invita a ricercarne
l'origine, e a indagarne il fine, che nel libro di Galileo, come il nostro di
scorso confermerà, non apparisce. Anche il Cartesio perciò dettesi a indo
vinare, e si credè che il fine della detta proposizione, e di tutto anzi il trat
tato, che ne preparava le conclusioni; fosse quello di dimostrare l'isocronismo
dei pendoli. “ Caeterum, così scriveva al Mersenno, nel far la critica al libro
di Galileo, tertium suum Dialogum non alio consilio scripsisse mihi videtur,
quam ut rationem redderet cur eiusdem chordae vibrationes sint inter se
aequales, quod tamen non praestat, sed solum concludit pondera citius de
scendere secundum arcum circuli, quam secundum eiusdem arcus chordam ”
(Epist., P. II cit., pag. 244).
che formò l'ammirazione del mondo: è manifesto cioè che, dall'esercitarsi
Galileo intorno alle proprietà meccaniche dei cerchi, fu condotto a ritrovare
i principii e le conseguenze nuove della Scienza universale dei moti. Ora è
notabile che questa universalità si riduca infine e torni alle particolarità delle
prime intenzioni, giacchè si vede che anche il trattato, a cui s'impose il
titolo Dei moti locali, si corona con la proposizione XXXVI, nella quale si
dimostra che la via più breve di giungere da un punto all'altro, non è per
la rettitudine della corda, ma per l'arco sotteso. Quella XXXVI proposizione
dunque, che non è più la finale intenzion del trattato, vi riman nulladimeno
una delle principali; ond'è che la sua propria dignità c'invita a ricercarne
l'origine, e a indagarne il fine, che nel libro di Galileo, come il nostro di
scorso confermerà, non apparisce. Anche il Cartesio perciò dettesi a indo
vinare, e si credè che il fine della detta proposizione, e di tutto anzi il trat
tato, che ne preparava le conclusioni; fosse quello di dimostrare l'isocronismo
dei pendoli. “ Caeterum, così scriveva al Mersenno, nel far la critica al libro
di Galileo, tertium suum Dialogum non alio consilio scripsisse mihi videtur,
quam ut rationem redderet cur eiusdem chordae vibrationes sint inter se
aequales, quod tamen non praestat, sed solum concludit pondera citius de
scendere secundum arcum circuli, quam secundum eiusdem arcus chordam ”
(Epist., P. II cit., pag. 244).
Nessun'altra divinazione dette mai me
glio di questa nella cruna del vero, essendo
che Galileo stesso, rivelando i segreti suoi
pensieri a Guidubaldo Del Monte, dica esser
passate per la sua mente le cose proprie a
quel modo, che avea scritto il Cartesio. Nella
lettera infatti del dì 20 di Novembre del
1602, dop'aver dato allo stesso Guidubaldo
notizia delle dimostrate proposizioni concer
nentì il tempo della scesa per l'arco, e per
396[Figure 396]
glio di questa nella cruna del vero, essendo
che Galileo stesso, rivelando i segreti suoi
pensieri a Guidubaldo Del Monte, dica esser
passate per la sua mente le cose proprie a
quel modo, che avea scritto il Cartesio. Nella
lettera infatti del dì 20 di Novembre del
1602, dop'aver dato allo stesso Guidubaldo
notizia delle dimostrate proposizioni concer
nentì il tempo della scesa per l'arco, e per
396[Figure 396]
Figura 205.
le inflesse corde sottese; il medesimo Gali
leo immediatamente soggiunge: “ Sin qui ho dimostrato senza trasgredire
le inflesse corde sottese; il medesimo Gali
leo immediatamente soggiunge: “ Sin qui ho dimostrato senza trasgredire