Zanotti, Francesco Maria, Della forza de' corpi che chiamano viva libri tre, 1752

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216192DELLA FORZA DE’ CORPI ſuetudine della natura; perchè ſebbene per lo più
le forze non mancano ſe non producendo il lo-
ro effetto;
non è però, che non aveſsero ogni
ragion di mancare, qualunque volta ſi toglieſse
il ſoggetto loro, benchè nulla produceſsero.
Sic-
come conſuetudine è della natura, che il colore
nel corpo non manchi, ſenza che un’ altro ve
ne ſucceda;
e tuttavia avrebbe egli ogni ragion
di mancare, quantunque niun’ altro colore gli
ſuccedeſse;
ſolo che il corpo, che n’ è il ſog-
getto, ſi levaſse.
Eſsendomi io qui taciuto, la
voſtra ſpeculazione, diſse il Signor D.
Serao, mi
piace;
ma temo, che alcuni l’ avranno per trop-
po cercata, ne vorranno conſentirvi, avendo pau-
ra di tanta ſottilità.
Quaſi che un’ argomento,
riſpoſi io, doveſse averſi per falſo, perchè è ſta-
to cercato.
Ma io non veggo, che gran ſottigliez-
za ſia in queſto.
E’ egli forſe così gran ſottigliez-
za il dire, che il ſoggetto della forza viva è il
corpo, in quanto è moſso?
O è gran ſottigliezza
il dire, che, mancando il ſoggetto, non altro ſi
ricerchi, perchè mancar debba la qualità?
E ſe
queſte due coſe ſon vere, la conſeguenza non
viene ella da ſe, ſenza aſpettar pure d’ eſser cer-
cata?
Sono alcuni però così tardi, diſse il Signor
D.
Serao, che non intenderanno queſto ſteſso.
Non però i Leibniziani, riſpoſi io, che ſono fi-
loſofi acutiſſimi, ſe mai al mondo ne furono, e
non hanno in tal laude chi gli ſuperi.
E’ vero,
diſse allora il Signor D.
Nicola; et io credo,

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