Caverni, Raffaello, Storia del metodo sperimentale in Italia, 1891-1900

Table of figures

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              <s>
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              tempo per l'arco EC: e, permutando, che il tempo per AB, al tempo per
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              AC, stesse come il tempo per l'arco DB, al tempo per l'arco EC. </s>
              <s>Ma il
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              tempo per AB al tempo per AC ha suddupla proporzione di AB ad AC;
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              adunque anche il tempo per DB, al tempo per EC, avrebbe suddupla pro­
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              porzione dell'AB all'AC, che son le lunghezze de'fili dei pendoli. </s>
              <s>Ma cia­
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              scuna vibrazione di ciascun di essi pendoli, larghe o strette che sieno, nel
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              proprio cerchio passa in tempi uguali, come la esperienza il dimostra, adun­
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              que par manifesto quanto senz'altra prova asserì il Galileo, cioè che i tempi
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              hanno suddupla proporzione delle lunghezze delle fila, ovvero che le lun­
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              ghezze hanno dupla proporzione dei tempi, cioè sono come i quadrati dei
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              tempi. </s>
              <s>” (MSS. Gal. </s>
              <s>Disc., T. CXVII, fol. </s>
              <s>63). </s>
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              <s>Soggiunge immediatamente il Viviani che questa bella proprietà, così
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              dimostrata, gli somministrò la fabbrica di quello strumento, di cui gli era
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              già venuta l'idea, e che qui prosegue a descrivere con quelle stesse parole,
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              da noi trascritte a pag. </s>
              <s>328, 29 del nostro primo Tomo. </s>
              <s>A complemento
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              della qual descrizione aggiungeremo qui quel che suggerisce il Viviani per­
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              chè, chiunque non si trovasse altro a mano che una semplice riga e una
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              catenella, potesse, più facilmente e con maggior brevità, conseguire il me­
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              desimo intento. </s>
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              <s>“ Ma con più brevità conseguiremo, egli dice, l'istesso, senza macchina,
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              mediante una riga CD (fig. </s>
              <s>221) la di cui metà CE sia divisa in 60 parti
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              <s>Figura 221
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              eguali, da E sino in C, e mediante
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              ancora d'un sol filo di catenuzza
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              formata di piccolissimi anelli. </s>
              <s>Per­
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              chè, tenuta essa riga CD orizzontal­
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              mente, e fermato in C uno dei capi
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              del detto filo di catena, e questo
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              lasciato far la sacca sua naturale
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              CMHD, che forma sempre parabola,
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              fatto passar rasente il punto D, ed
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              allontanato talmente che di tal sacca
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              la massima altezza EF, la qual passa
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              pel punto di mezzo E, dov'è il
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              numero 60, sia appunto uguale al
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              filo AB (del pendolo che batte i secondi) quivi presentato, e poi questo
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              portato or in G, al numero 30, or in L, al numero 20; le intersecazioni
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              H, M di esso filo colla catenuzza daranno, fuor della sacca, le lunghezze HI,
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              MN, che dovranno avere i pendoli cercati ” (ivi, fol. </s>
              <s>64). </s>
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              <s>Lo strumento era così ben preparato agli usi di prefinir le misure dei
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              pendoli, dietro i principii matematici dimostrati neì I Teorema, in cui è no­
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              tabile che sentisse il Viviani di aver dato ragione
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              probabile,
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              ma non chia­
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              rissima. </s>
              <s>Questa confessata insufficienza conferma la nostra congettura, che
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              cioè quella prima dimostrazione, accennata a piè della pagina 97 dell'edi­
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              zione di Leyda, rimanesse incompiuta, per non aversi certezza dei momenti, </s>
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