CAPITOLO VIII.
I. Delle proposizioni dimostrate da Galileo nel secondo dialogo delle due Nuove Scienze. — II. Dei
trattati di Francesco Blondel, di Vincenzio Viviani e di Alessandro Marchetti. — III. Delle con
troversie insorte fra Alessandro Marchetti e Guido Grandi. — IV. Dell'applicazione della teo
ria dei momenti. — V. Delle osservazioni dei fatti, e delle esperienze concorse a promovere
la nuova scienza di Galileo.
trattati di Francesco Blondel, di Vincenzio Viviani e di Alessandro Marchetti. — III. Delle con
troversie insorte fra Alessandro Marchetti e Guido Grandi. — IV. Dell'applicazione della teo
ria dei momenti. — V. Delle osservazioni dei fatti, e delle esperienze concorse a promovere
la nuova scienza di Galileo.
I.
L'altra Scienza nuova, che si compiaceva di avere istituita Galileo, dopo
quella dei Moti locali, concerne le dimostrazioni delle virtù dei solidi, nel
resistere allo spezzarsi, o gravati dal proprio peso o da pesi stranieri. Ben
chè sia però, da questa parte, la novità più apparente, non è che mancas
sero nemmen qui le tradizioni rimaste salve, a comun benefizio degli stu
diosi, in quei meccanici Quesiti, ne'quali raccoglieva Aristotile la preziosa
eredità di una scienza più antica. Nel XVI si domanda perchè tanto sien più
deboli i legni, quanto sono più lunghi, cosicchè un fuscello, lungo per esem
pio un cubito, sostenuto a un estremo, si mantiene diritto, e al contrario
una verga, lunga cento cubiti, dall'altro suo estremo liberamente pendente,
piegasi in basso. “ An quia, risponde il Filosofo, et vectis et onus et hypo
mochlion, in levando, ipsa fit ligni proceritas? Prior namque illius pars ceu
hypomochlion fit; quod vero in extremo est, pondus. Quamobrem quanto
extensius fuerit id quod ab hypomochlio est, tanto inflecti necesse est ma
gis ” (Operum cit., T. XI, fol. 33).
quella dei Moti locali, concerne le dimostrazioni delle virtù dei solidi, nel
resistere allo spezzarsi, o gravati dal proprio peso o da pesi stranieri. Ben
chè sia però, da questa parte, la novità più apparente, non è che mancas
sero nemmen qui le tradizioni rimaste salve, a comun benefizio degli stu
diosi, in quei meccanici Quesiti, ne'quali raccoglieva Aristotile la preziosa
eredità di una scienza più antica. Nel XVI si domanda perchè tanto sien più
deboli i legni, quanto sono più lunghi, cosicchè un fuscello, lungo per esem
pio un cubito, sostenuto a un estremo, si mantiene diritto, e al contrario
una verga, lunga cento cubiti, dall'altro suo estremo liberamente pendente,
piegasi in basso. “ An quia, risponde il Filosofo, et vectis et onus et hypo
mochlion, in levando, ipsa fit ligni proceritas? Prior namque illius pars ceu
hypomochlion fit; quod vero in extremo est, pondus. Quamobrem quanto
extensius fuerit id quod ab hypomochlio est, tanto inflecti necesse est ma
gis ” (Operum cit., T. XI, fol. 33).