Zanotti, Francesco Maria, Della forza de' corpi che chiamano viva libri tre, 1752

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23xix o ſcrivendo a queſti Signori in particolare, e volen-
do per qualche oneſto fine piacer loro unicamente, ſi
debbano uſar quelle forme, che più loro piacciono;
perchè in tal caſo dovrehbe ſcriverſi anche in piemon-
teſe, o in romagnuolo, ſe così voleſſero.
E lo ſteſſo
vorrebbe farſi anche ſcrivendo al popolo.
Ma non per
ciò dovrà dirſi, che quello ſia uno ſcriver bello ita-
liano, non potendo eßere bello ſcrivere italiano ſe
non quello, che piace agli amatori dell’ italiana lin-
gua.
Ma già m’ avveggo d’ eſſermi eſteſo ſopra ciò
troppo più lungamente, che non conveniva.
Però tor-
nando al propoſito, quantunque per mio avviſo debba
eſſer lecito a ciaſcuno di ſcrivere in quella lingua, che
più gli piace, o italiana, o fiorentina;
ſe però ſono
alcuni, che tanto amino la lingua fiorentina, che non
poſſano amar altro;
io gli eſorto di non leggere il
preſente libretto;
perciocchè l’ autore, come un gior-
no mi diſſe egli ſteſſo, ha ſtudiato tanto poco di
farlo in buona lingua, che non che in fiorentino,
teme di non averlo fatto ne pure in italiano;
ma
ſcrivendo il libro tra molte angustie d’ animo, e
ſolamente per ſollevar ſe medeſimo, non ha creduto
di dover mettere molto ſtudio per ſatisfare agli altri.

Ben’ è vero, ſoggiugneva egli, che ſe il libro
venir doveſſe nelle mani delle perſone, biſogne-
rebbe avviſarle prima di queſto ſteſſo;
e far lo-
ro intendere, che io ſo bene ( diceva egli) di
non aver’ adempiute le parti di buon ſcrittore,
ne di aver dato al dialogo quegli ornamenti,
e quelle grazie, che ſi richiedevano;
acciocchè

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