Zanotti, Francesco Maria
,
Della forza de' corpi che chiamano viva libri tre
,
1752
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LIBRO II.
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con l’ altro, così che un ſolo e ſempliciſſimo vero
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conſtituiſcano; </
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">parmi, che ſe uno ſe ne levaſſe via,
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ſi leverebbono tutti, ne più reſterebbe alcun prin-
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cipio alla ragione; </
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">et io avrei tutti i timori del
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Padre Riccati. </
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preserve
">E certo che vano ſarebbe l’ argo-
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mentare, tolto via i principj, perciocchè tolto via
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queſti, è tolto l’ argomentare ſteſſo. </
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">Ma non però
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tanto timor mi farebbe una ſuppoſizione, per cui
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ſi levaſſe alcuna di quelle conſuetudini, che ſopra
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abbiamo detto; </
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preserve
">perciocchè toltone una, potrebbo-
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no rimanerne molte altre, che non dipendeſſer da
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quella, e ſempre ci rimarrebbon gli aſſiomi, i qua-
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li eſſendo ſtrettiſſimamente congiunti con la ragio-
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ne, la ſeguirebbono fin nel caos; </
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preserve
">laonde non man-
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cherebbe alla mente ne materia ne modo di argo-
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mentare, e trovare quante verità ciaſcun voleſſe.
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">E noi ſappiamo, che Carteſio, filoſoſo grandiſſimo,
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gittate via tutte le altre leggi della natura, ebbe ar-
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dimento di entrare col penſiero nel caos, null’ al-
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tro recando ſeco, che gli aſſiomi, e alcune poche
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leggi del moto; </
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">e ſperò di trarne la vera forma dell’
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univerſo. </
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">Conſiglio in vero ardimentoſo, e da non
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permetterſi, che a Carteſio. </
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preserve
">Ma io, ſenza entrare
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nel caos, mi arriſchierei bene di ſupporre dei cor-
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pi, i quali o non ſi attraeſſer l’ un l’ altro, o foſ-
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ſer gravi non a miſura della materia loro, ma ſe-
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condo altra proporzione; </
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">che ſebben queſte coſe
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foſſer contrarie alle conſuetudini della natura, pur
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potrebbono rettamente conſiderarſi; </
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">et io vorrei,
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ſe aveſſi tanto ingegno da ſaper farlo, compor </
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