Pacioli, Luca
,
Tractatus geometrie (Part II of Summa de arithmetica, geometria, proportioni et proportionalita)
,
1494
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archimedes
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folio
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runhead
"> Distinctio secunda. Capitulum </
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ponto .a. al ponto .h. menerai la linea .ah., che dico essere catetto sopra la linea .bc., impero-
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ché è iguali la linea .af. ala linea .ae. E iguale è .fh. al .he. E peró misurerai il catetto .ah. e an-
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cora il lato .bc. e multiplica la mitá del catetto per la basa .bc. overo la mitá della basa per tut-
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to il catetto e harai l’ area del detto triangolo </
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"> E, se ’l dito triangolo fosse tanto grande in modo che ’l filo che gli havesse fosse mi-
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nore del catetto overo fosse terra vignata o alberata overo piena di biada, in
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modo che ’l catetto, per lo modo detto, non si potesse havere, alora farai una mi-
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sura picola, la quale sia .1/20. di braccio o circa. E quanti braccia sonno nella linea
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.ac. tanti ne togli dela misura piccola che fienno .ak. E quanti bracia sonno nela linea .ab.
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tanti ne togli della misura picola che sia .al. E faciasi la linea .lk. E truovisi il catetto col fi-
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lo per lo detto modo nel triangolo .alk. in sul lato .lk. Ove per lo dritto menerai .ai. infi-
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no al ponto .m. in sul lato .bc. e sia .am. catetto del triangolo .abc.
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Quando .2. lati d’ uno triangolo sonno noti e a quelli si traga l’ altro lato equedi-
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stante al terzo lato e le septioni d’ un lato fienno note, alora le septioni del’ altro la-
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to fienno note e la linea menata sia nota per la .2a. del .6o. de Euclide.
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Ancora volendo, secondo uno uso vulgare, misurare l’ area d’ uno scudo equilate-
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ro, multiplicarai uno de’ suoi lati in se medesimo: e di quella somma piglia .13/30.
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Comme sia il triangolo .abc., che ciascuno suo lato sia .10.bracia. e voglisi l’ area.
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Multiplicarai .10. in sé, fanno .100. Del qual piglia .13/30., che sonno .43.bracia.1/3. E
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.43.bracia. è .1/3. non peró aponto, ma piccola cosa manco, imperoché ’l quadrato di .43 1/3. è
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.1877 7/9. e il triangolo é la su’ area aponto la radici di .1875., che è molto frivola cosa meno
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di .43 1/3. E peró questo modo poi usare quando in sul terreno fossi overo quando secondo l’ appressa-
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mento ái a ffare: conciosiacosaché nulla o poco sia distante ala veritá. E peró fo da dimostra
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al’ algrimensore et </
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"> E questo basti quanto al detto capitolo. E ancora quanto ala prima distintione e dela
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seconda vederemo. Seconda </
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"> De modo inveniendi quantitatem unius linee ab uno puncto protracte intra vel ex-
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tra quencuque triangulum. Capitulum primum </
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"> Infino a qui è mostro a trovare l’ area de’ triangoli assai amplamente e ancora,
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quando una linea si mena equedistante ad alcun lato del triangolo, quanto è la
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sua longhezza è copiosamente mostro. Ove, in questa, intendo demostrare, quan-
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do una linea è menata e terminata neli noti termini di doi lati d’ uno triangolo
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(la quale non sia equedistante al terzo lato), la sua quantitá. E, di questa parte, non si fará al-
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cuna divisione, ma solo un capitolo e peró starai </
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"> Sia un triangolo .abg. e la linea menata sia .ez. E sia .eb. gli .2/3. dela linea .ba. E il
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ponto .z. sia in mezzo dela linea .bg. E sia .ab.13. e .ag. sia .14. E .bg. sia .15. Ove .be.
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sia .8 2/3. e .ea. sia .4 1/3. e adimandasi la quantitá del .ez. Menise il catetto .bd. El qua-
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le giá è mostro essere .12. e .ad., cioé il minore cadimento, sia .5. E il maggiore sia .9.,
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cioé .dg. E dal ponto .c. si meni .ci. ala basa .bg., el quale sia equedistante ala basa .ag. E dal
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ponto .z. si meni el catetto .zk., che sia equedistante al catetto .bd. E, perché la linea .zk. è eque-
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distante ala linea .bd. sia cosí .gz. al .gb., cosí .gk. al .gd. Ma .gz. del .gb. è la mitá. Onde .gk.
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del .gd. è la mitá. E, similmente, .zk. è la mitá del .bd. Adunque .kg. è .4 1/2. e .kd. ancora .4 1/2.
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e il .zk. è .6. Ancora si meni .ef. equedistante al catetto .bd., sia cosí .ae. al .ab. comme .af. al .ad.
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e lo .ef. al .bd. E noi sappiamo che .ae. è il .1/3. del .ab. E peró .af. è .1 2/3. E .fd. è .3 1/3. E .fe. è .4., cioé
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la terza parte del .bd. E, perché le linee .ef. e .tk. sonno equedistanti al catetto .bd., fienno in-
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fra loro equedistanti per la .30a. del primo. E faciasi .et. e .fk. equedistanti, sará .ef. iguale al
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.tk. E la linea .et. sia iguale ala linea .fk. Ma .fk. è iguale a .2. linee che sonno .kd. e .fd., cioé
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.4 1/2. e .3 1/3., dove tutta .kf. è .7 5/6. E peró .te. è .7 5/6. Similmente .tk. è .4., imperoché la è iguale al .ef.
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Rimane .tz.2. E perché in .2. linee equedistanti .ei. e .ag. v’ é la retta .zk. l’ angolo di fuori .zte.
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è iguale al’ angolo oposto dentro .zkf., per la .29a. del primo. Ma l’ angolo .zks. è retto, im-
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peroché gli é retto ancora l’ angolo .zte. ortogonio adonca é lo triangolo .zte. e gli e .2. lati son-
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no noti, cioé .zt. e .te. che contengono l’ angolo retto. Onde il terzo lato, cioé .ez., sia noto quan-
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do multiplicarari .zt. in sé e .te. in sé che agionti insiemi haremo .65 13/36, la cui radici è la linea .ez.,
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che è poco meno de .8 1/12. e questo era da mostrare.
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archimedes
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