Zanotti, Francesco Maria, Della forza de' corpi che chiamano viva libri tre, 1752

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245221LIBRO II. re, che io non ho mai negato, che ſia continuità
nelle idee dei geometri;
ho detto ſolo, niuno aver-
mi finqui dimoſtrato, che eſſe non poſſano talvol-
ta incorrere in alcune diſcontinuità, le quali per-
avventura potrebbon naſcere da quella iſteſſa re-
gola di continuità, che le accompagna.
E voi for-
ſe ne avreſte trovate alcune in quelle voſtre curve,
che già oſſervaſte, ſe preſo dalla vaghezza del-
la continuità, e da eſſa rapito, aveſte potuto
cercar altro.
Ne io però mi meraviglierei, ſe in
quelle voſtre curve aveſte anche trovata per tutto
la continuità ſenza diſcontinuità niuna;
percioc-
chè i geometri ſe le compongono a modo loro,
proponendoſi una certa regola di formarle, che
ſoglion chiudere in una equazione, e non volen-
do, che appartengano alla curva ſe non quei pun-
ti, che ſecondo quella regola ritrovano;
e perchè
quella regola trae a continuità, per ciò ogni cur-
va, che eſſi compongono, moſtra continuità per
tutto;
ne mai parte da quella ſteſſa regola; per-
ciocchè come potrebbe partirne, ſe la compongon
con eſſa?
Non è dunque, che tutte le curve, che
venir poſſono in penſiero, abbiano di lor natura
una coſtante e perpetua continuità;
e ſe i geome-
tri in tutte quelle, che ſtudiano, la trovano;
ciò
non è, perchè tutte le immaginabili curve l’ abbia-
no, ma perchè eſſi non ſtudiano, ſe non quelle,
che l’ hanno.
Se noi con un piano tagliaſſimo un
corpo, la cui ſuperficie foſſe di molte, e tra lor
varie, ſuperficie compoſta, chi potrebbe

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