Zanotti, Francesco Maria, Della forza de' corpi che chiamano viva libri tre, 1752

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247223LIBRO II. voluto imporre, qual prima e principal legge, la
continuità, così che niun corpo per niuno acci-
dente, che avvenir poſſa, debba poter paſſare da
una qualità ad un’ altra, et avendo una forma
prenderne una nuova, ſenza aver prima avute
tutte le qualità o forme intermedie?
E ſe noi in
moltiſſime coſe, che non ſo già ſe in tutte, tro-
viamo la continuità, potrebbe ella eſſere una con-
leguenza di qualche regola o legge, la quale in-
ducendo continuità in moltiſſime, laſciaſſe però
luogo alla diſcontinuità in alcune.
E qual potreb-
be eſſere coteſta legge?
diſſe il Signor Marcheſe;
et io riſpoſi: le leggi ſteſſe del moto, le quali ſe ſi
avverranno in corpi duriſſimi, non ſolamente per-
metteranno nel loro incontro qualche diſcontinui-
tà;
ma la vorranno, e la chiederanno. E chi ſa, ſe
la natura, per isfuggire ogni diſcontinuità, abbia
voluto guardarſi di produrre verun corpicciuolo
duriſſimo, chenti erano gli atomi d’ Epicuro?
Chi
ſa, ſe i globetti della luce, i quali ſi dice, che arri-
vando a toccare la ſuperficie di alcun corpo, che
non abbia virtù di riſpignerli, perdono toſto il
lor movimento, chi ſa, dico, ſe non ſieno duriſ-
ſimi, o in altro modo ſciolti dell’ obbligo della
continuità?
e la natura intanto ſeguendo in tutto
le leggi del moto, le quali ſole a lei baſtano per
produrre qualunque aſpetto dell’ univerſo, permet-
ta a queſti aſpetti medeſimi, et ai corpi, che gli
formano, qualche diſcontinuità?
Avendo io fin-
quì detto, e penſando di dir più oltre, il

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