Zanotti, Francesco Maria, Della forza de' corpi che chiamano viva libri tre, 1752

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257233LIBRO II. bia la natura per molto ignorante: volendo, che
ella, qualor rimove dallo ſtato ſuo un qualche
corpo, non poſſa ſapere in qual’ altro ſtato deb-
ba riporlo, ſe una ſerie di gradi infinitamente
piccoli non venga a moſtrargliele.
Nel che par-
mi, che egli non ſolamente voglia, che la natu-
ra oſſervi la continuità nelle coſe, ma che non ab-
bia, ne poſſa avere verun’ altra legge, cui oſſer-
vare;
perchè ſe alcuna ne aveſſe, potrebbe que-
ſta inſegnarle ciò, che la continuità non le inſe-
gnaſſe.
E certo che ſe foſſero al mondo due cor-
pi duriſſimi, i quali veniſſero con movimenti egua-
li ad incontrarſi, quand’ anche la legge della con-
tinuità non vi foſſe, e per ciò nulla poteſſe pre-
ſcriver loro;
preſcriverebbeſi però loro il fermarſi
da un’ altra legge, che mi pare molto più impor-
tante e molto più neceſſaria, ed è, che due mo-
vimenti debban l’ un l’ altro diſtruggerſi, ove ſie-
no eguali e contrarj:
e la natura ſeguendo una
tal legge, non avrebbe, cred’ io, da confonderſi,
ne da vergognarſi di non ſapere quello, che far
ſi doveſſe.
Qui fattoſi innanzi il Signor D. Serao,
veramente, diſſe, io credeva, che quegli argo-
menti di Bernulli, eſſendo tanto famoſi, e ricevu-
ti da molti, come dimoſtrazioni evidentiſſime,
doveſſero eſſer più forti.
Pure ſe la legge della
continuità è probabile, che non può negarſi;
ſi
vuol ſeguirla.
Et 10, ſe ſi attendano, diſſi, gliar-
gomenri, con cui Bernulli la dimoſtra, appena che
mi paja probabile.
Pure poichè è tale, non

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