Zanotti, Francesco Maria, Della forza de' corpi che chiamano viva libri tre, 1752

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265241LIBRO III. trebbe una volta condurgli a ſcoperte graviſſime
ed utiliſſime.
Perciocchè voler chiuder la ſtra-
da a tutte le invenzioni nuove è lo ſteſſo,
che accuſar gli antichi, che già l’ aprirono, e fare
ingiuria ai poſteri, in grazia de’ quali fu aperta.
Io credo dunque, Signor Giambatiſta cariſſimo,
che ſia coſa convenientiſſima, e alla profeſſion
del filoſofo ſommamente accomodata, il deſide-
rio della novità;
così veramente che non tragga
l’ uomo ad opinioni ſtravolte e contrarie alla ra-
gione, ne egli per li ſuoi ritrovamenti nuovi s’ in-
duca a diſprezzare ſuperbamente gli antichi:
d el
qual vizio non ſon privi coloro, i quali benchè
niente attribuiſcano a ſe medeſimi, onde pajono
temperatiſſimi;
pur vogliono, che tutto attribuir ſi
debba a quelli della loro età, o della loro ſcuola, o
del loro ordine, ne credono d’ eſſer ſuperbi, perchè
lo ſono a nome di molti.
E che il diſio della novi-
tà temperato di queſta maniera ſia giovevoliſſimo,
potrei dimoſtrarvelo con mille eſempi, ſe voi ſteſ-
ſo non ne foſte uno così chiaro, e cosi eccellente,
e così maraviglioſo, che rendete inutili tutti gli
altri.
Perchè laſciando le altre parti della filoſofia,
che voi avete voluto più toſto ſapere, che profeſ-
ſare;
nella notomia certamente, che avete preſa,
non ſenza invidia, cred’ io, dell’ altre ſcienze,
con tanto ſtudio ad’ illuſtrare, avete aſſai chiara-
mente dimoſtrato, quale eſſer debba in un filoſo-
fo perſettiſſimo l’ amore della novità.
Imperocchè
avendo voi fatto tanti ritrovamenti nuovi, e

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