1nato essere resoluto in quasi infinite piramidi (triangoli isosceli), le quali poi,
essendo distese sopra la linea retta che tocchi la lor base, e tolto la metà
dell'altezza e fattone un parallelo (un rettangolo); sarà con precisione uguale
al cerchio (MSS. K., fol. 80 r.). Non possiamo perciò non ci maravigliar gran
demente che non avesse penetrate queste cose il Guldino, il quale compen
dia nel cap. I del suo secondo libro la lunga storia ciclometrica, e riferendo
i detti di Eutocio difende il grande Siracusano da coloro, che temerariamente
lo accusavano di aver data meno esatta la proporzione tra la circonferenza
e il diametro. Dice esso Eutocio che Archimede si fermò alla iscrizione del
poligono di 96 lati, perchè si contentava in suo libello proposuisse id quod
proprinquum est invenire, propter necessarios vitae usus. Che del resto la
sciava ai Matematici la fatica di spingere le divisioni infino alle parti più
minute, mettendoli al punto di poter concludere, come poi fecero con Tolo
meo altri geometri antichi, e fra'recenti il Keplero, che, riducendosi il me
todo alle divisioni infinite, il circolo e il poligono inscritto si risponderebbero
esattamente, o per meglio dire si confonderebbero insieme.
essendo distese sopra la linea retta che tocchi la lor base, e tolto la metà
dell'altezza e fattone un parallelo (un rettangolo); sarà con precisione uguale
al cerchio (MSS. K., fol. 80 r.). Non possiamo perciò non ci maravigliar gran
demente che non avesse penetrate queste cose il Guldino, il quale compen
dia nel cap. I del suo secondo libro la lunga storia ciclometrica, e riferendo
i detti di Eutocio difende il grande Siracusano da coloro, che temerariamente
lo accusavano di aver data meno esatta la proporzione tra la circonferenza
e il diametro. Dice esso Eutocio che Archimede si fermò alla iscrizione del
poligono di 96 lati, perchè si contentava in suo libello proposuisse id quod
proprinquum est invenire, propter necessarios vitae usus. Che del resto la
sciava ai Matematici la fatica di spingere le divisioni infino alle parti più
minute, mettendoli al punto di poter concludere, come poi fecero con Tolo
meo altri geometri antichi, e fra'recenti il Keplero, che, riducendosi il me
todo alle divisioni infinite, il circolo e il poligono inscritto si risponderebbero
esattamente, o per meglio dire si confonderebbero insieme.
Comunque sia, consentendo pur col Guldin che, per essere stato un tal
metodo rinnovellato ed esteso dal Matematico alemanno, si possa dir keple
riano; gli neghiamo però ogni somiglianza con quello elaborato dal Cava
lieri, il quale citava nel proemio alla sua nuova Geometria la Stereometria
nuova come inspiratrice del concetto degl'indivisibili, non già dalla parte
delle divisioni infinite, ma da quella delle sezioni parallele alla base dei so
lidi rotondi, a quel modo che nell'altra parte di questa Storia della Mecca
nica, alla pag. 115, fu descritto. Chi volesse poi aver della varietà de'due
metodi un esempio efficacissimo non dovrebbe far altro che comparar l'in
terpetrazione della prima archimedea De circuli dimensione, data dal Keplero,
con quell'altra che, nel proemio al trattatello De solido acuto hyperbolico,
ne dà il Torricelli. Qui non si riguarda il circolo come risoluto in infiniti
triangoli appuntati nel centro, ma come intessuto d'infinite circonferenze con
centriche, a ciascuna delle quali si dimostra essere uguali le linee, di che
s'intesse il triangolo rettangolo avente per l'un de'cateti la circonferenza, e
per l'altro il raggio.
metodo rinnovellato ed esteso dal Matematico alemanno, si possa dir keple
riano; gli neghiamo però ogni somiglianza con quello elaborato dal Cava
lieri, il quale citava nel proemio alla sua nuova Geometria la Stereometria
nuova come inspiratrice del concetto degl'indivisibili, non già dalla parte
delle divisioni infinite, ma da quella delle sezioni parallele alla base dei so
lidi rotondi, a quel modo che nell'altra parte di questa Storia della Mecca
nica, alla pag. 115, fu descritto. Chi volesse poi aver della varietà de'due
metodi un esempio efficacissimo non dovrebbe far altro che comparar l'in
terpetrazione della prima archimedea De circuli dimensione, data dal Keplero,
con quell'altra che, nel proemio al trattatello De solido acuto hyperbolico,
ne dà il Torricelli. Qui non si riguarda il circolo come risoluto in infiniti
triangoli appuntati nel centro, ma come intessuto d'infinite circonferenze con
centriche, a ciascuna delle quali si dimostra essere uguali le linee, di che
s'intesse il triangolo rettangolo avente per l'un de'cateti la circonferenza, e
per l'altro il raggio.
È anzi notabile che il Cavalieri e il Torricelli s'astenessero dall'usare
il metodo kepleriano, quasi lo reputassero abortivo da quel legittimo degli
indivisibili per essi professato. Chi per esempio nel trattatello De centro gra
vitatis sectoris circuli more veterum, da noi addietro trascritto, non avrebbe
consigliato il Torricelli di cansar la fatica del lungo viaggio, col fare del
lemma IX la proposizion principale, e di lì concluder l'intento, per via di
corollario, senza far altro osservare, se non che l'arco si può riguardar come
composto d'infiniti latercoli rettilinei tutti uguali?
il metodo kepleriano, quasi lo reputassero abortivo da quel legittimo degli
indivisibili per essi professato. Chi per esempio nel trattatello De centro gra
vitatis sectoris circuli more veterum, da noi addietro trascritto, non avrebbe
consigliato il Torricelli di cansar la fatica del lungo viaggio, col fare del
lemma IX la proposizion principale, e di lì concluder l'intento, per via di
corollario, senza far altro osservare, se non che l'arco si può riguardar come
composto d'infiniti latercoli rettilinei tutti uguali?
Mirabile è la facilità, con la quale il Wallis, pur usando il metodo del
Keplero, dimostra il centro di gravità de'settori circolari e sferici, e dello
stesso emisfero. Nella proposizione XV del suo trattato, considerando il set
tore AMBC (fig. 168) come composto degli infiniti triangoli isosceli appun-
Keplero, dimostra il centro di gravità de'settori circolari e sferici, e dello
stesso emisfero. Nella proposizione XV del suo trattato, considerando il set
tore AMBC (fig. 168) come composto degli infiniti triangoli isosceli appun-