Caverni, Raffaello, Storia del metodo sperimentale in Italia, 1891-1900

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              <s>
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              gliano le due contrarie spinte fatte orizontalmente: e dalla seconda, che il
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              peso della trave preme con tutto sè il pavimento. </s>
              <s>Dalla terza poi, sostitui­
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              tovi P in luogo di BZ, e risoluta rispetto ad AM, avremo AM=BX=
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              P.BT/CA.E perchè, chiamato
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              l'angolo BAC, BT=BG sen
                <foreign lang="grc">φ</foreign>
              , AC=AB cos
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              sarà AM=BX=P.BG/AB tang
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              , e ciò vuol dire che la spinta orizontale
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              sta al peso della trave, come la distanza del centro di gravità di lei dal pa­
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              vimento, moltiplicata per la tangente dell'angolo dell'inclinazione sul muro,
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              sta alla total lunghezza della stessa trave. </s>
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              <s>Il Torricelli nonostante, avendo a modo suo risoluto il problema, inten­
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              deva d'applicarlo a simili altri problemi di Meccanica nuova, e principal­
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              mente a quella, che qui segue in ordine: </s>
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              <s>“ PROPOSITIO VIII. —
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              Si cerca per che causa un piccol cerchio di ferro,
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              che fascia una colonna fessa, come nel cortile del palazzo de'Medici, e
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              <s>Figura 280.
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              sotto le logge degli Ufizi, sia bastante a tenere quella co­
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              lonna che non s'apra, e per conseguenza a reggere quella
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              macchina, acciò non rovini. </s>
              <s>”
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              </s>
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              <s>“ Sia la colonna fessa AB (fig. </s>
              <s>280) quale si consideri in
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              quattro parti divisa. </s>
              <s>Certo è che, premendo il peso della fab­
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              brica soprapposta in AC, la colonna procurerà di slargarsi in
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              EF, non potendo AC discendere, se nelle parti di mezzo la
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              fessura della colonna non si slarga. </s>
              <s>Ora io dico che, ovviandosi
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              presto al disordine, ogni minima forza basterà per fermarla,
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              e che, lasciando fare l'apertura grande, ci vorrà una volta forza eguale al
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              peso, e può anche essere che una volta vi si ricerchi forza mille volte mag­
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              giore del peso. </s>
              <s>” </s>
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              <s>“ Sia la fessura ABCD (fig. </s>
              <s>281), l'apertura o larghezza della quale sia
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              BD, e linea perpendicolare sia AC. </s>
              <s>Per le cose dimostrate nella precedente
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              <s>Figura 281.
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              ponendo un peso in A, ed una potenza uguale in D, il
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              momento della potenza, a quello del peso, sta come la
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              AO alla OD. </s>
              <s>Per far dunque che i momenti siano uguali,
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              pongasi una potenza, che al peso sia come DO ad AO. </s>
              <s>
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              Così poi diremo in questo modo: la potenza piccola alla
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              grande sta come DO ad AO, ma la grande al peso stava
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              come AO a DO; ergo ex aequo la potenza piccola è uguale
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              al peso. </s>
              <s>” </s>
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              <s>“ Si cava dunque che, per tenere unite le colonne,
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              che non s'aprano maggiormente, ci vuole una forza, la quale al peso abbia
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              la proporzione, che ha il diametro della figura BD, alla perpendicolare AC ”
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              (MSS. Gal. </s>
              <s>Disc., T. XXXVII, fol. </s>
              <s>78). </s>
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              <s>Sembra che la proposizione sia confermata, anche applicandovi diretta­
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              mente la regola del parallelogrammo, dalla diagonale AC del quale sia rappre­
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              sentato il peso. </s>
              <s>Nella figura ABCD, per far l'equilibrio, ci vogliono due forze </s>
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