Caverni, Raffaello, Storia del metodo sperimentale in Italia, 1891-1900

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              dine l'Autore alle principali proposte, che ricorrono nella terza giornata delle
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              Due nuove Scienze, e riducendo il trattatello a un semplice memoriale, con
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              mettere solamente e dichiararne le tesi, apre ai lettori la via di ritrovarne
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              per sè medesimi le dimostrazioni. </s>
              <s>Nel Tomo XXXIV de'Manoscritti del Ci­
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              mento, dal foglio 54 al 113, si trovan raccolti i materiali, per trattare
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              Delle
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              gravità specifiche e assolute,
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              e ivi pure, dal foglio 114 al 145, e dal foglio
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              204 al 208, si trova il principio posto a due altri libri, il primo de'quali
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              s'intitolava
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              Del moto dei gravi,
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              e il secondo
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              De momentis gravium in ge­
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              nere.
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              Per chi poi volesse avere un saggio della lucida brevità, con la quale
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              il Viviani esponeva le dottrine meccaniche del suo Maestro, sceglieremo da
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              varie Note le due seguenti, perchè si possano confrontare con que'lunghi
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              discorsi tenuti da Galileo ne'Dialoghi, e in varie altre scritture minori, per
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              confutar gli errori, che intorno alle cadute naturali dei gravi erano stati detti
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              già da Aristotile, e che tuttavia si ripetevano dai seguaci di lui: </s>
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              <s>“ I. </s>
              <s>Si domanda ai signori Peripatetici se, lasciando cadere a basso mille
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              particole di legno, come per esempio una giumella di segatura, ei credano
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              che tutte scendessero con pari velocità. </s>
              <s>Credo sian per rispondere di si. </s>
              <s>Se
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              dunque queste particole si accosteranno insieme, e si attaccassero in modo,
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              che tra loro non restasse aria (che è il mezzo nel quale si pone che si muo­
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              vano) domandisegli se credono che queste continuassero il moto con la me­
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              desima velocità di prima, poichè non potendo altri, anche per detto loro,
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              conferir più di quello che esso ha, non mi pare che assegnar si possa quali
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              fossero quelle particole, che augumentassero la velocità alle altre loro simi­
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              lissime e ugualissime. </s>
              <s>” </s>
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              <s>“ Diranno forse che, quando altro acquisto non ci fosse, vi sarebbe la
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              diminuzione della superficie, la maggior parte della quale si occulta nelle
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              attaccature. </s>
              <s>E concedendo che la confricazione del mezzo con la superficie
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              del mobile ritarda la di lui velocità, soggiungeranno che perciò quelle molte
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              particole, ridotte in un sol corpo di superficie grandemente minore, acqui­
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              steranno velocità nel moto. </s>
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              <s>“ Se tale sarà la risposta loro, diranno benissimo, perchè basta che
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              eglino concedano e sian capaci che, non per accrescimento di velocità, ma
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              per diminuzione di superficie, cioè, per diminuzione dell'impedimento del
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              mezzo, si cresce la velocità. </s>
              <s>E se di ciò volessero anche più chiara esperienza
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              considerino come una foglia d'oro battuto, che sotto così gran superficie
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              discende per aria lentissimamente, ridotta poi in un piccolo globetto scende
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              cento volte più veloce, benchè il peso sia lo stesso. </s>
              <s>Ma quanto importi l'im­
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              pedimento del mezzo si ha manifesto da una palla, che venga cacciata dalla
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              artiglieria, alla quale l'impedimento di non molte braccia di acqua, che ella
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              incontri dopo il moto per l'aria, talmente ritarda la sua velocità, che la sua
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              percossa ne resta fiacchissima. </s>
              <s>Eppure l'acqua, come priva in tutto di tena­
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              cità, non resiste con altro che col doversi movere lateralmente, come a lungo
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              dimostrò il Galileo nel suo trattato delle Galleggianti ” (MSS. Gal. </s>
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              T. CXXXV, fol. </s>
              <s>15). </s>
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