Zanotti, Francesco Maria, Della forza de' corpi che chiamano viva libri tre, 1752

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287263LIBRO III. terra, che a ſe lo traeſſe; perchè ciò poſto ſarebbe
Ap la diſceſa verticale, et Ar la diſceſa per un,
piano inclinato, e ſeguirebbon tutte le coſe ap-
punto, che avete dette.
Io vorrei dunque ſapere,
perchè non più toſto abbiate voluto valervi dell’
eſempio di un corpo grave, il qual ſi mova per la
ſua propria gravità, ſenza introdur qui una corda
elaſtica, ſopra cui vedete quanti dubj ſon nati.
Ma forſe nella dimoſtrazione, che voi ci eſporre-
te, ſarà neceſſario aver ſuppoſto il globo più toſto
tirato da una fune, che ſpinto dalla ſua natural
gravità.
E’ egli così? Non credo, Signora; riſpoſe
il Signor D.
Felice; che anzi il Padre Riccati av-
viſa in più d’ un luogo quello ſteſſo, che avviſate
voi;
e dice poterſi anche intendere in vece dell’ a-
zion della fune l’ azion della gravità;
ma pure egli
ama l’ eſempio della fune, e a queſto ſempre,
tien dietro, qual che ne ſia la cagione.
Io credo,
diſſi io allora, che la cagion ſia, perchè immagi-
nando il globo tirato da una fune elaſtica, facil
coſa era, che ognuno, ſenza avvederſene, traſcor-
reſſe a credere che l’ azione foſſe lo ſteſſo accor-
ciamento, e però doveſſe miſurarſi dallo ſpazio;

perciocchè il nome di accorciamento ci riſveglia.

principalmente l’ idea d’ uno ſpazio ſminuito.
E
troppo ha egli biſogno d’ imprimere nella men-
te degli uomini, che l’ azione s’ abbia.

a miſurar dallo ſpazio.
Se egli aveſſe imma-
ginato un globo cadente per la ſua natural gravi-
tà, non avrebbe avuto luogo quel verbo

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