1in più minuti particolari, ci basti sottoporre alla considerazione dei nostri
lettori le parole seguenti, che il Sagredo scriveva a Galileo, in una lettera
del dì 15 marzo 1615: “ All'istrumento, dice egli, per misurare li tempe
ramenti, io sono andato giornalmente aggiungendo e mutando, in modo che,
quando avessi a bocca e di presenza a trattare con lei, potrei principiando
ab ovo facilmente raccontarle tutta l'istoria delle mie invenzioni, o per dire,
miglioramenti. Ma perchè, com'ella mi scrisse, e io certamente credo, V. S. E.
n'è stata il primo autore e inventore, perciò credo che gli strumenti fatti
da lei e dal suo esquisitissimo artefice avanzino di gran lunga i miei; onde
la prego con la prima occasione, scrivermi qual sorta di opere finora ella
abbia fatto fare, chè io le scriverò quel di più o di meno che finora s'è
operato di quà, e toccando in ogni nostra lettera alcune cose in questo pro
posito, io le scriverò alcune mie imperfette speculazioni, le quali dal per
fettissimo suo giudizio ed intelligenza saranno senza studio e ancora con
gusto perfezionate. Quello che si fa autore di questi strumenti è poco atto,
per non dire in tutto inetto ad istruirmi conforme al bisogno e desiderio
mio, siccome io veramente mi sono affaticato a dargli ad intendere la ca
gione degli effetti che si vedono in alcuni de'miei strumenti, dirò così, com
positi e multiplicati ” (Alb. VIII, 363, 64).
lettori le parole seguenti, che il Sagredo scriveva a Galileo, in una lettera
del dì 15 marzo 1615: “ All'istrumento, dice egli, per misurare li tempe
ramenti, io sono andato giornalmente aggiungendo e mutando, in modo che,
quando avessi a bocca e di presenza a trattare con lei, potrei principiando
ab ovo facilmente raccontarle tutta l'istoria delle mie invenzioni, o per dire,
miglioramenti. Ma perchè, com'ella mi scrisse, e io certamente credo, V. S. E.
n'è stata il primo autore e inventore, perciò credo che gli strumenti fatti
da lei e dal suo esquisitissimo artefice avanzino di gran lunga i miei; onde
la prego con la prima occasione, scrivermi qual sorta di opere finora ella
abbia fatto fare, chè io le scriverò quel di più o di meno che finora s'è
operato di quà, e toccando in ogni nostra lettera alcune cose in questo pro
posito, io le scriverò alcune mie imperfette speculazioni, le quali dal per
fettissimo suo giudizio ed intelligenza saranno senza studio e ancora con
gusto perfezionate. Quello che si fa autore di questi strumenti è poco atto,
per non dire in tutto inetto ad istruirmi conforme al bisogno e desiderio
mio, siccome io veramente mi sono affaticato a dargli ad intendere la ca
gione degli effetti che si vedono in alcuni de'miei strumenti, dirò così, com
positi e multiplicati ” (Alb. VIII, 363, 64).
Da tali parole si rilevano in proposito importanti notizie, e prima di
tutto siamo certificati essersi fatto Galileo, come l'Albèri sospettò, e dichia
rato al Sagredo, primo autore e inventor del Termometro. Sappiamo, in
secondo luogo, che Galileo stesso aveva scritto di esercitare e di fare eser
citare la mano agli artefici intorno alla costruzion de'Termometri e in
intorno ad alcune esperienze fatte con essi. Ma quale fosse la squisita com
posizione de'Termometri galileiani, quai le osservazioni o l'esperienze ter
miche fatte con essi, non è facile a saperlo, essendo sventuratamente smar
rite le corrispondenze epistolari col gentiluomo veneziano. In ogni modo però
sembra che poco potrebbero quelle lettere giovare a coloro, che intendono
di attribuire a Galileo l'invenzion dello strumento, essendo documenti po
steriori alla pubblicazione fatta già dal Santorio.
tutto siamo certificati essersi fatto Galileo, come l'Albèri sospettò, e dichia
rato al Sagredo, primo autore e inventor del Termometro. Sappiamo, in
secondo luogo, che Galileo stesso aveva scritto di esercitare e di fare eser
citare la mano agli artefici intorno alla costruzion de'Termometri e in
intorno ad alcune esperienze fatte con essi. Ma quale fosse la squisita com
posizione de'Termometri galileiani, quai le osservazioni o l'esperienze ter
miche fatte con essi, non è facile a saperlo, essendo sventuratamente smar
rite le corrispondenze epistolari col gentiluomo veneziano. In ogni modo però
sembra che poco potrebbero quelle lettere giovare a coloro, che intendono
di attribuire a Galileo l'invenzion dello strumento, essendo documenti po
steriori alla pubblicazione fatta già dal Santorio.
Ma la notizia più importante, che si possa attinger dalle parole del Sa
gredo sopra trascritte, è che egli speculava intensamente intorno al migliorar
le forme del Termometro, e intorno alle teorie fisiche degli effetti, che sopra
l'aria inclusa vi produce il calore. Circa a ciò s'intrattien lungamente il
Gentiluomo veneto in un'altra sua lettera, scritta il dì 11 aprile di quel
medesimo anno 1615, dalla quale apparisce che, non avendo potuto per sè
medesimo ritrovar la ragione dell'ascendere e del discendere il liquido nel
cannello, al variar della temperatura, ebbe ricorso all'oracolo di Galileo e
de'responsi di lui rimase sodisfatto. “ Ho intesa l'opinione sua, così scrive,
circa la ragione dell'operare di essi strumenti, la quale mi è riuscita ca
rissima e molto ingegnosa ed ardirei di dire ancor vera, se non fosse che
questa non è per sè stessa palese al senso, nè credo che per le cose palesi
al medesimo senso si possa perfettamente procurare ” (Alb. VIII, 371).
gredo sopra trascritte, è che egli speculava intensamente intorno al migliorar
le forme del Termometro, e intorno alle teorie fisiche degli effetti, che sopra
l'aria inclusa vi produce il calore. Circa a ciò s'intrattien lungamente il
Gentiluomo veneto in un'altra sua lettera, scritta il dì 11 aprile di quel
medesimo anno 1615, dalla quale apparisce che, non avendo potuto per sè
medesimo ritrovar la ragione dell'ascendere e del discendere il liquido nel
cannello, al variar della temperatura, ebbe ricorso all'oracolo di Galileo e
de'responsi di lui rimase sodisfatto. “ Ho intesa l'opinione sua, così scrive,
circa la ragione dell'operare di essi strumenti, la quale mi è riuscita ca
rissima e molto ingegnosa ed ardirei di dire ancor vera, se non fosse che
questa non è per sè stessa palese al senso, nè credo che per le cose palesi
al medesimo senso si possa perfettamente procurare ” (Alb. VIII, 371).