1tius praestantissimo vini spiritu, superius vero aere repletum ” (Roteroda
mi, 1669, pag. 273, 74).
mi, 1669, pag. 273, 74).
Il Termoscopio descritto qui dal Sinclaro è quello stesso, che i nostri
Accademici del Cimento descrissero in primo luogo, fra i loro strumenti,
per conoscer le mutazioni del caldo e del freddo dell'aria. “ Egli è tutto
di cristallo finissimo (fig. 7) lavorato per opra di quegli artefici, i quali, ser
vendosi delle proprie gote per mantice, tramandano il fiato per un organo
di cristallo alla fiamma d'una lucerna; e quella o intera o in varie linguette
divisa, di mano in mano dove richiede il bisogno di lor lavoro spirando,
vengono a formar opere di cristallo delicatissime e maravigliose. Noi un
tal artefice chiamiamo il Gonfia. A lui dunque s'apparterrà di formar la
14[Figure 14]
Accademici del Cimento descrissero in primo luogo, fra i loro strumenti,
per conoscer le mutazioni del caldo e del freddo dell'aria. “ Egli è tutto
di cristallo finissimo (fig. 7) lavorato per opra di quegli artefici, i quali, ser
vendosi delle proprie gote per mantice, tramandano il fiato per un organo
di cristallo alla fiamma d'una lucerna; e quella o intera o in varie linguette
divisa, di mano in mano dove richiede il bisogno di lor lavoro spirando,
vengono a formar opere di cristallo delicatissime e maravigliose. Noi un
tal artefice chiamiamo il Gonfia. A lui dunque s'apparterrà di formar la
14[Figure 14]
Figura 7.
palla dello strumento d'una tal capacità e grandezza, e di attac
carvi un cannello di tal misura di vano, che riempiendolo fin a
certo segno del suo collo con acquarzente, il semplice freddo
della neve e del ghiaccio non basti a condensarlo sotto i 20
gradi del cannellino; come per lo contrario, la massima attività
de'raggi solari eziandio nel cuor della state non abbia forza di
rarefarlo sopra gli 80 gradi. Il modo d'empierlo sarà con arro
ventar la palla, e poi subito tuffar la bocca del cannellino aperta
nell'acquarzente, sicchè vada a poco a poco succiandola. Ma
poichè è difficile, se non affatto impossibile, di cavar tutta l'aria
per via di rarefazione, e per ogni poca che ve ne resti la palla
rimane scema, si potrà finir d'empiere con un imbuto di cri
stallo, ch'abbia il collo ridotto ad un'estrema sottigliezza. Ciò
s'otterrà, quando la pasta del cristallo è rovente, poichè allora
si tira in fila sottilissime dentro accanalate e vote, com'è ma
nifesto a chi di lavorare il cristallo ha notizia. Con un simile
imbuto adunque si potrà finir d'empiere il Termometro, intro
ducendo nel cannellino il suo sottilissimo collo, e spingendovi
dentro, colla forza del fiato il liquore, o risucciandone se fosse
troppo. È ancora da avvertire che i gradi sopra il cannello ven
gano segnati giusti; e però bisogna scompartirlo tutto colle se
ste diligentemente in dieci parti uguali, segnando le divisioni con un bot
toncino di smalto bianco. Poi si segneranno gli altri gradi di mezzo con
bottoncini di vetro o di smalto nero; e questo scompartimento si potrà fare
a occhio essendochè l'esercizio, studio e industria dell'arte insegna da per
sè stessa a ragguagliare gli spazi, e a ben aggiustare la divisione; e chi
v'ha fatto la pratica suole sbagliar di poco. Come queste cose son fatte, e
col cimento del sole e del ghiaccio s'è aggiustata la dose dell'acquarzente,
allora si serra la bocca del cannello col sigillo detto volgarmente d'Ermete,
cioè, colla fiamma, ed è fatto il Termometro ” (Firenze 1841, pag. 12, 13).
palla dello strumento d'una tal capacità e grandezza, e di attac
carvi un cannello di tal misura di vano, che riempiendolo fin a
certo segno del suo collo con acquarzente, il semplice freddo
della neve e del ghiaccio non basti a condensarlo sotto i 20
gradi del cannellino; come per lo contrario, la massima attività
de'raggi solari eziandio nel cuor della state non abbia forza di
rarefarlo sopra gli 80 gradi. Il modo d'empierlo sarà con arro
ventar la palla, e poi subito tuffar la bocca del cannellino aperta
nell'acquarzente, sicchè vada a poco a poco succiandola. Ma
poichè è difficile, se non affatto impossibile, di cavar tutta l'aria
per via di rarefazione, e per ogni poca che ve ne resti la palla
rimane scema, si potrà finir d'empiere con un imbuto di cri
stallo, ch'abbia il collo ridotto ad un'estrema sottigliezza. Ciò
s'otterrà, quando la pasta del cristallo è rovente, poichè allora
si tira in fila sottilissime dentro accanalate e vote, com'è ma
nifesto a chi di lavorare il cristallo ha notizia. Con un simile
imbuto adunque si potrà finir d'empiere il Termometro, intro
ducendo nel cannellino il suo sottilissimo collo, e spingendovi
dentro, colla forza del fiato il liquore, o risucciandone se fosse
troppo. È ancora da avvertire che i gradi sopra il cannello ven
gano segnati giusti; e però bisogna scompartirlo tutto colle se
ste diligentemente in dieci parti uguali, segnando le divisioni con un bot
toncino di smalto bianco. Poi si segneranno gli altri gradi di mezzo con
bottoncini di vetro o di smalto nero; e questo scompartimento si potrà fare
a occhio essendochè l'esercizio, studio e industria dell'arte insegna da per
sè stessa a ragguagliare gli spazi, e a ben aggiustare la divisione; e chi
v'ha fatto la pratica suole sbagliar di poco. Come queste cose son fatte, e
col cimento del sole e del ghiaccio s'è aggiustata la dose dell'acquarzente,
allora si serra la bocca del cannello col sigillo detto volgarmente d'Ermete,
cioè, colla fiamma, ed è fatto il Termometro ” (Firenze 1841, pag. 12, 13).