Caverni, Raffaello, Storia del metodo sperimentale in Italia, 1891-1900

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1moltiplicando per l'acqua, ed aggregandosene molti insieme, formano alcuni
piccoli globettini, li quali in gran numero vanno ascendendo per l'acqua, e
scappando fuori della sua superficie; e secondo che per entro l'acqua ne
sarà maggior numero, ella più si alzerà nel collo del vaso, e continuando
di tenergli sotto i carboni lungo tempo, vedrete molte migliaia di tali glo­
betti ascendere e scappar via.
Questi, signor Colombo, non sono come vi
credete, vapori generati da alcune parti d'acqua, che, mediante la qualità
celida del fuoco si vada in quelli risolvendo e tramutando: il che è mani­
festo, perchè se, dopo che ne saranno andate moltissime migliaia, voi rimuo­
verete i carboni ed aspetterete che anco gli altri, che più sparsamente e
perciò invisibili, per l'acqua erano disseminati, si partano loro ancora, ve­
drete l'acqua andare pian piano abbassandosi, e finalmente ridursi al segno
medesimo che notaste nel collo del gozzo, senza essere scemata pure una
gocciola; e se voi mille volte tornerete a far tale operazione, vedrete pas­
sare per l'acqua milioni di tale sferette di fuoco, senza che l'acqua scemi
mai un capello ” (Alb.
XII, 466, 67).
Da ciò si raccolgono due notizie importanti: l'osservazione del ricre­
scer l'acqua, anco prima di bollire, al calore, proposta dal Castelli e da Ga­
lileo alla considerazione dei Peripatetici come nuova, e le ragioni del fatto
riconosciute nell'introdursi, fra le particelle del liquido, gli atomi ignei, resi
sensibili in quelle bollicelle, che noi siamo ora certi non essere altrimenti
piene di fuoco, ma d'aria.
Quella osservazione diciamo che conteneva in sè
una nuova scoperta, nè fa nulla in contrario il sentire i Peripatetici andar
con gran solennità professando quel loro principio: caloris est rarefacere et
frigoris condensare. Benchè derivi un tal principio dall'antica scuola, e for­
mulato in modo così generale sembri dover essere stato applicato ad ogni
qualità di corpi, nulladimeno è un fatto che i Fisici, coll'attenzione tutta
rivolta alle esperienze pneumatiche di Herone, e alle applicazioni che se ne
fecero in tante varie e curiose maniere, non seppero applicarlo ad altro
corpo che all'aria.
Gli atomi ignei infatti di Galileo, forse perchè troppo
manifestamente si tradivano sotto l'aspetto visibile e riconoscibile dell'aria,
furono abbandonati, specialmente dagli stranieri, per ritornar poi rimessi in
onore dal Borelli, e ritenuto il fatto prima notato nella citata Risposta al
Colombo, i Fisici vollero piuttosto attribuir l'effetto del dilatarsi i liquidi
all'aria insinuata dentro alle loro particelle; aria che si dilata ivi dentro al
calore, a quel modo che nel termometro santoriano.
Una tal dottrina è quella che fu apertamente professata da Stefano
Noël o Natale, in quel libretto che intitolò Plenum experimentis novis con­
firmatum, e in cui, coll'intenzione di dimostrar la falsità del vacuo, si dif­
fusero in Francia le otto celebri esperienze istituite dal Pascal in Roano e
a Parigi, per confermar la verità della grande Esperienza torricelliana.
Il
Capitolo VIII dunque, della prima parte, Sezione V, di quel libro, è dal­
l'Autore intitolato: “ Unde motus aquae in Thermometro ” e così dice del
soggetto, che s'era proposto di trattare in quel capitolo: “ Sensibiles mo-

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