1se egli veramente conoscesse o si fosse dato a speculare la ragione del fatto.
Comunque sia, tanto lo stesso fatto quanto la ragion fisica di lui, non s'ha
certezza che fossero osservati e speculati se non alquanti anni dopo, in
que'primi esercizii sperimentali, a cui dette opera l'Accademia del Cimento.
Si sa che di que'primi esercizii furono prediletto tema per gli Accademici
le osservazioni e l'esperienze intorno agli artificiali agghiacciamenti. Frugati
da un vivissimo desiderio di scoprir dove mai si ritirasse a nascondersi la
Natura, in quell'atto che agli occhi dell'osservatore pareva di vedersela in
nanzi più ovvia e più manifesta; prepararono alcuni vasi, per empirli d'acqua
o d'altri liquori, e per vedere ivi dentro la Natura stessa, con qual rito vi
celebrasse i suoi occulti misteri. Il primo vaso, di cui si servirono da prin
cipio fu una palla di cristallo o ampolla con lungo collo piena d'acqua na
turale, e sommersa nel ghiaccio. Fatto ciò, prosegue a dire il Segretario:
“ cominciammo ad osservare con puntualissima attenzione tutti i movimenti
dell'acqua, ponendo mente al suo livello. Già sapevamo per innanzi, e lo sa
ognuno, che il freddo da principio opera in tutti i liquori restringimento e
diminuzione di mole, e di ciò, non solamente n'avevamo la riprova ordi
naria dell'acquarzente de'Termometri, ma n'avevamo fatta esperienza nel
l'acqua, nell'olio, nell'argento vivo, ed in molti altri fluidi. Dall'altro canto
sapevamo ancora che nel passaggio che fa l'acqua dall'esser sem plicemente
fredda al rimoversi dalla sua fluidità e ricever consistenza e durezza con
l'agghiacciamento, non solo ritorna alla mole che ell'aveva prima di raf
freddarsi, ma trapassa ad una maggiore, mentre se le veggon rompere vasi
di vetro e di metallo con tanta forza. Ma qual poi si fosse il periodo di que
ste varie alterazioni che in esse opera il freddo, questo non sapevamo an
cora, nè era possibile d'arrivarvi con agghiacciarla dentro a vasi opachi,
come quei d'argento, d'ottone e d'oro, ne'quali s'era fin allora agghiac
ciata: onde, per non mancare di quella notizia, che parea esser l'anima di
tutte quest'esperienze, ricorremmo al cristallo ed al vetro, sperando per la
trasparenza delle materie d'aver presto ad assicurarci come la cosa andasse,
mentre si poteva a ciascun movimento che fosse apparso nell'acqua del collo,
cavar subito la palla dal ghiaccio, e riconoscer in essa quali alterazioni gli
corrispondessero. Ma la verità si è che noi stentammo assai più che non ci
saremmo mai dati ad intendere, prima di poter rinvenire alcuna cosa di certo
intorno a'periodi di questi accidenti. E per dirne più distintamente il suc
cesso, è da sapere che nella prima immersione che facevamo della palla,
subito che ella toccava l'acqua del ghiaccio, s'osservava nell'acqua del collo
un piccolo sollevamento, ma assai veloce, dopo il quale con moto assai or
dinato e di mezzana velocità s'andava ritirando verso la palla, finchè arri
vata a un certo grado non proseguiva più oltre a discendere ma si fermava
quivi per qualche tempo, a giudizio degli occhi affatto priva di movimento.
Poi a poco a poco si vedea ricominciare a salire ” (Saggi Natur. Esp. Fi
renze 1841, pag. 89, 90).
Comunque sia, tanto lo stesso fatto quanto la ragion fisica di lui, non s'ha
certezza che fossero osservati e speculati se non alquanti anni dopo, in
que'primi esercizii sperimentali, a cui dette opera l'Accademia del Cimento.
Si sa che di que'primi esercizii furono prediletto tema per gli Accademici
le osservazioni e l'esperienze intorno agli artificiali agghiacciamenti. Frugati
da un vivissimo desiderio di scoprir dove mai si ritirasse a nascondersi la
Natura, in quell'atto che agli occhi dell'osservatore pareva di vedersela in
nanzi più ovvia e più manifesta; prepararono alcuni vasi, per empirli d'acqua
o d'altri liquori, e per vedere ivi dentro la Natura stessa, con qual rito vi
celebrasse i suoi occulti misteri. Il primo vaso, di cui si servirono da prin
cipio fu una palla di cristallo o ampolla con lungo collo piena d'acqua na
turale, e sommersa nel ghiaccio. Fatto ciò, prosegue a dire il Segretario:
“ cominciammo ad osservare con puntualissima attenzione tutti i movimenti
dell'acqua, ponendo mente al suo livello. Già sapevamo per innanzi, e lo sa
ognuno, che il freddo da principio opera in tutti i liquori restringimento e
diminuzione di mole, e di ciò, non solamente n'avevamo la riprova ordi
naria dell'acquarzente de'Termometri, ma n'avevamo fatta esperienza nel
l'acqua, nell'olio, nell'argento vivo, ed in molti altri fluidi. Dall'altro canto
sapevamo ancora che nel passaggio che fa l'acqua dall'esser sem plicemente
fredda al rimoversi dalla sua fluidità e ricever consistenza e durezza con
l'agghiacciamento, non solo ritorna alla mole che ell'aveva prima di raf
freddarsi, ma trapassa ad una maggiore, mentre se le veggon rompere vasi
di vetro e di metallo con tanta forza. Ma qual poi si fosse il periodo di que
ste varie alterazioni che in esse opera il freddo, questo non sapevamo an
cora, nè era possibile d'arrivarvi con agghiacciarla dentro a vasi opachi,
come quei d'argento, d'ottone e d'oro, ne'quali s'era fin allora agghiac
ciata: onde, per non mancare di quella notizia, che parea esser l'anima di
tutte quest'esperienze, ricorremmo al cristallo ed al vetro, sperando per la
trasparenza delle materie d'aver presto ad assicurarci come la cosa andasse,
mentre si poteva a ciascun movimento che fosse apparso nell'acqua del collo,
cavar subito la palla dal ghiaccio, e riconoscer in essa quali alterazioni gli
corrispondessero. Ma la verità si è che noi stentammo assai più che non ci
saremmo mai dati ad intendere, prima di poter rinvenire alcuna cosa di certo
intorno a'periodi di questi accidenti. E per dirne più distintamente il suc
cesso, è da sapere che nella prima immersione che facevamo della palla,
subito che ella toccava l'acqua del ghiaccio, s'osservava nell'acqua del collo
un piccolo sollevamento, ma assai veloce, dopo il quale con moto assai or
dinato e di mezzana velocità s'andava ritirando verso la palla, finchè arri
vata a un certo grado non proseguiva più oltre a discendere ma si fermava
quivi per qualche tempo, a giudizio degli occhi affatto priva di movimento.
Poi a poco a poco si vedea ricominciare a salire ” (Saggi Natur. Esp. Fi
renze 1841, pag. 89, 90).