Zanotti, Francesco Maria, Della forza de' corpi che chiamano viva libri tre, 1752
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312288Della forza de’ corpi vicendevolmente; ne potrebbe il corpo determi-
narſi a ſcorrere una certa linea, ſe le preſſioni, per
cui le potenze contraſtan tra loro, non ſi rendeſ-
ſero eguali, e ſi diſtruggeſſero.
Egli è dunque per
l’ uguaglianza, a cui debbon ridurſi quelle tali preſ-
ſioni, che il corpo dee ſeguir la diagonale, non al-
tra linea.
Ma il Padre Riccati non mette le preſſio-
ni nel numero delle azioni, e però non vuole, che
ſi conſiderino, trattandoſi ſolo di ſpiegar l’ ugua-
glianza, che paſſa tra l’ azione el’ effetto.
Eſſendo-
fi qui taciuto il Signor D.
Felice, feceſi innanzi
il Signor D.
Nicola, et, io pure ho un deſiderio, diſ-
ſe, cui vorrei, che voi ſoddisfaceſte.
Voi avete
detto molto accortamente, che la potenza AB, o
tiri il corpo da A in r inſieme con la potenza AC,
o lo tiri da ſe ſola da A in p, nell’ uno e nell’ al-
tro caſo fa ſempre la ſteſſa azione;
e certo nell’uno
e nell’ altro caſo ſegue lo ſteſſo accorciamento della
corda da voi ſuppoſta.
E così nell’ uno e nell’ altro
caſo produce ſempre lo ſteſſo effetto, il quale è, ſe-
condo voi, la forza viva.
Similmente diraſſi della
potenza AC, la quale, come avrà tirato il corpo
da A in r inſieme con la potenza AB, avrà pro-
dotta in lui quella ſteſſa forza viva, che avrebbe
in eſſo prodotta, tirandolo da ſe ſola da A in q.
Onde ne ſegue che il corpo, giunto in r, dovrà a-
vere una forza viva eguale alla ſomma di quelle
due, che avrebbe avute ne punti p et q, ſe vi foſse
ſtato ſeparatamente tirato dalle due potenze.
Non
è egli così?
Così è certamente, diſse il Signor D.

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