Zanotti, Francesco Maria, Della forza de' corpi che chiamano viva libri tre, 1752

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322298DELLA FORZA DE’ CORPI mo, e vorreſte, per quanto veggo, allontanarvi a
poco a poco dall’ argomento propoſto.
A cui pe-
rò ritornando, non vi par’ egli, che dando luogo
alla forza viva, comodiſſimamente ſi ſpieghi, come
nella compoſizione del moto ſia l’ effetto eguale
all’ azione, che lo produce;
il che malamente po-
trebbe ſpiegarſi da chi levaſſe via, come voi fate, ogni
forza viva?
E certo della dimoſtrazione del P. Ric-
cati, che che voi ne diciate, dovranno eſſer con-
tenti i meccanici, e non dolerſene i metafiſici.
Et io
temo, riſpoſi, che ſe ne doleranno e gli uni e gli
altri;
e meglio potrebbe ſoddisfarſi al deſiderio d’
entrambi ſenza la forza viva.
Pure, diſſe il Signor
D.
Felice, faccendo naſcere la compoſizione del mo-
to per l’ egualità delle azioni, parmi certo, che
non ſi faccia ai meccanici niun torto.
Non dico, ri-
ſpoſi io, che ſi faccia loro alcun torto;
credo be-
ne, che volendo eſſi far valere la compoſizione in
molti caſi, non ameranno farla naſcere per una ra-
gione, la qual vaglia in un ſolo.
E chi non ſa, che
come negli altri moti, così anche vogliono i mecca-
nici, che ſi faccia la compoſizione nei moti equa-
bili?
Perchè ſe per eſempio, andando un corpo ſu
per una tavola di moto equabile verſo una certa
parte, la tavola ſteſſa ſi moveſſe ella pure di moto
equabile, e il portaſſe verſo un’ altra, ſi farebbe
nel corpo, ſecondo il parer de meccanici, la compoſi-
zione dei due movimenti;
e pure qual luogo avreb-
be quivi la ragione, che voi avete dedotta dall’ egua-
lità delle azioni?
Perciocchè qui niuna fune

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