Zanotti, Francesco Maria, Della forza de' corpi che chiamano viva libri tre, 1752

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330306DELLA FORZA DE’ CORPI ſolverſi d’ una azione in due non reſti anche una
coſa oſcuriſſima.
Io non lo nego, riſpoſi; ma al-
tro è, che quel riſolverſi ſia coſa oſcura, altro è,
che induca diſuguaglianza tra l’ azione e l’effetto;
la qual diſuguaglianza ſe noi vogliamo temerla per
tutto, ove ſia qualche oſcurità, non ſarà luogo
alcuno in tutta la filoſofia, in cui non la temiamo.

E certo ſe noi non intendiamo per qual ragione, et
in che modo una potenza diſpoſta a fare un’ azion
ſola, ſubito ſi rivolga a farne due;
in che conſiſte
il riſolverſi;
ciò proviene dal non ſaper noi, che co-
ſa ſieno le potenze in lor medeſime, ne come agi-
ſcano, ne quali inſtituti e eoſtumi abbiano.
Ne po-
trà filoſoto alcuno, ch’ io ſappia, sfuggire una tale
oſcurità;
ne la sfugge a mio giudicio il Padre Ric-
cati ſteſſo;
il quale riſolve pure l’azione della po-
tenza AB nell’azione, che move il corpo per la dia-
gonale, e nella preſſione, per cui contraſta con la
potenza AC;
e ſimilmente riſolve l’ azione della.
potenza AC;
ne ſo ſe queſta riſoluzione ſi renda.
più chiara col dire, che quella preſſione non ha no-
me azione.
Se rimangonſi dunque nella oſcurità i
meccanici, volendo ſpiegare la compoſizione del
moto;
ciò è perchè non ne veggono le cauſe, e i
principj ultimi, non perchè levin per eſſa quell’
uguaglianza, che richieggono i metafiſici;
ai quali
ottimamente ſoddisfanno, non potendo però ſod-
disfare a ſe medeſimi.
Credete voi, diſſe quivi la.
Signora Principeſſa, che ſieno mai per ſoddisfarſi,
e conoſcere una volta coteſti principj ultimi?

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