Caverni, Raffaello, Storia del metodo sperimentale in Italia, 1891-1900

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              <s>Il Viviani nel far la storia e la descrizione di questo Orologio accenna
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              di mandarlo accompagnato da un disegno illustrativo. </s>
              <s>Di que'disegni anzi
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              ne furono fatti due, il primo de'quali in lapis piombino e che noi riprodu­
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              ciamo nella figura 18 dall'originale, inserito a carte 54 del Tomo IV, Parte VI
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              de'Manoscritti di Galileo; rappresenta l'Orologio in maestà dalla parte della
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              <s>Figura 18.
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              crociera, sul fusto della quale sono
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              imperniate le ruote, e la traversa
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              vedesi terminare i bracci in due
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              volute, infissavi in una la chiave a
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              scatto, e nell'altra le due codette
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              ordinate a percuotere ora sull'orlo
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              della ruota a tacche, ora sui pironi
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              menati in giro da lei. </s>
              <s>Ma perchè di
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              questi, che sono gli organi essenziali
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              della macchina, cioè della ruota delle
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              tacche, della chiave a scatto e delle
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              due codette, non si poteva con quel
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              disegno mostrare il gioco, rimanendo
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              essi organi riparati dietro le volute
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              della traversa, si pensò di rappresen­
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              tar la macchina stessa con isguardo
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              un po'obliquo, e in modo che, ta­
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              gliata la colonnetta o sostegno op­
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              posto e parallelo al fusto della cro­
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              ciera, la ruota più alta e il gioco
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              delle codette su lei e sullo scatto,
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              rimanesse allo scoperto. </s>
              <s>Il disegno
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              che accompagnava la descrizione del
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              Viviani, mandata come vedremo tra
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              poco in Olanda, era una copia di
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              questo secondo, che vedesi con assai
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              diligenza delineato in una Tavola ripiegata, perchè eccedente in lunghezza
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              e larghezza il foglio 50 del Tomo manoscritto sopra citato. </s>
              <s>L'Albèri lo fece
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              incidere e imprimere nella II delle Tavole apposte al Tomo XIV della sua
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              Edizione completa,
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              e noi lo rappresentiamo ai nostri lettori nella figura 19. </s>
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              <s>
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              III.
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              <s>Chi attentamente fissa lo sguardo sopra questo disegno, e si mette a
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              considerar quelle ruote e que'pironi, quelle codette e quegli scatti, ci vede
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              la laboriosità dell'ingegno, ma non ci sente l'ispirazione del genio. </s>
              <s>Il Vi­
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              viani ci fa saper, nel seguito delle parole da noi lasciate sopra interrotte,
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              che Vincenzio di Galileo conosceva troppo bene l'imperfezione di quel mac-</s>
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