Mellini, Domenico
,
Discorso
,
1583
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archimedes
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35
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ue egli ragionò della Statua di Venere, fatta di
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/>
legno da Dedalò: la quale ſi moueua per for
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/>
za dell'Ariento viuo, che vi era dentro. </
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s
>La
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lb
/>
qual coſa fù ancora ſcritta & prima da Plato
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/>
ne: il quale fece menzione delle Statue di Deda
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lb
/>
lò con dire, che le erano fuggitiue, ne ſi pote
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/>
uano fare ſtare ferme ſe non legando le: ma non
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/>
diſſe in vertù di che coſa le ſi moueſſero, riſpon
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/>
do; Che quando è fuſſe vero, che l'Ariento vi
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lb
/>
uo le haueſſe ſenza l'aiuto di altra coſa fatte
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/>
muouere, il che io non credo; non però ſi con
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lb
/>
chiude la perpetuità di quel Moto, per riſpet
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/>
to della Statua, non atta à durare ſempre. </
s
>
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s
>Et ag
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/>
giungo di piu, l'Ariento viuo non eſſer baſte
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/>
uole per muouere da ſe corpo alcuno: maſsi
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/>
mamente ſegl'hauerà in ſe qualche grauezza;
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/>
ma hauer di biſogno, che qualch'altra coſa lo
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lb
/>
aiuti, & concorra ſeco nel muouere del corpo
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lb
/>
Mobile. </
s
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<
s
>Et che ciò ſia vero, lo dimoſtra la ſpe
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/>
rienza, maeſtra delle coſe, & alla quale chi non
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/>
crede, ſi può dire; che ſia fuori di ſe. </
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>Vedeſi
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abbr
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adũ
">adum</
expan
>
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/>
que manifeſtamente che'tutto che lo Ariento
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/>
viuo sfugga il Tatto & ſia sdrucciolante, mo
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lb
/>
bile & fuggitiuo, non però ſi muoue ſe' non
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/>
è tocco, ò moſſo il luogo, doue gl'è, ancora
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/>
che non terminato, ne riſtretto da quello. </
s
>
<
s
>La
<
lb
/>
qual coſa mi fà credere, & può ad altri dare à
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lb
/>
baſtanza ad intendere, che quando vna Statua
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/>
ne fuſſe in buona parte piena, non per ciò ſi
<
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/>
mouerebbe: ne l'Ariento per ſe ſteſſo la mo
<
lb
/>
ueria; eſſendo che' ſarebbe all'hora termina-</
s
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chap
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archimedes
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