Gallaccini, Teofilo, Perigonia, o vero degli angoli, ca. 1590-1598

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              l’ugualità degli angoli conseguenti, tosto veniamo a conoscere la perpendicolare, la quale dagli antichi fu detta Gnomone; perciochè lo gnomone è una linea retta, che cade ad angoli retti sopra l’orizzonte; onde vediamo che dal cader ad angoli retti si forma questa linea così detta; che se non cadesse ad angoli retti; cioè se cadendo non formasse angoli retti, non si potrebbe appellar Gnomone, né perpendicolare. </s>
              <s>Dagli architetti si chiama Catetto, overo Piombo o linea a piombo, la quale sopra ‘l piano forma gli angoli a squadra, che geometricamente si chiamano retti; che se detti angoli non fossero a squadra la linea non sarebbe a piombo. </s>
              <s>Di maniera che l’esser a squadra sia cagion, che ella sia a piombo e perpendicolare. </s>
              <s>Ma passiamo più avanti. </s>
              <s>Dalla cognition degli angoli si cagiona la cognition delle parallele sì come chiaramente vedrà chiunque osserva Euclide nel 5° postulato e dalla prop. ventisettesima, infine alle trentaduesima. </s>
              <s>In tutte queste propositioni e nelle dimostrationi loro, dalla ugualità degli angoli alterni, degli esterni, e degli interni e opposti e dall’esser uguali a due retti si ritrahe la cognition delle parallele. </s>
              <s>Il che si vede osservando gli angoli che si costituiscano da una linea, che sia tirata sopra le parallele in tal guisa, che le taglino ad angoli retti. </s>
              <s>La qual cosa potrà da ciascuno esser intesa in Euclide nelle dimostrationi delle accennate prop. </s>
              <s>Ma nel postulato 5° dagli angoli fatti per la linea cadente sopra due rette linee, i quali son minori di due retti, s’impara a conoscer qua’ linee non sieno
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              parallele, di maniera che, per opposito, se la linea cadente sopra esse formasse gli angoli uguali a due retti, noi dalla notitia di quest’angoli potremo cavar la cognitione delle parallele. </s>
              <s>Gli angoli oltre acciò son cagione dello scemamento, e dell’accrescimento de’ lati e delle basi delle figure triangolari e parallelogramme così ancho della ugualità e della disugualità, come si può vedere appo Euclide nelle prop. .6., .19., .21. e .24. e .25. del primo. </s>
              <s>Perciochè nella .6. da due angoli d’un triangolo si traggano i lati sottoposti a essi esser uguali, il che è certissimo per la dimostratione; sì come pel contrario posti due angoli disuguali d’un medesimo triangolo, anchora i lati diverranno disuguali. </s>
              <s>Nella .19. si mostra, che sotto maggior angolo di ciascun triangolo è collocato maggior lato. </s>
              <s>E ciò non avvien per altro se non perché mentre cresce l’angolo cresce ‘l lato e però nella .18. prop. disse, il maggior lato di ciascun triangolo esser sotto a maggior angolo. </s>
              <s>Però possiamo dire che gli angoli col mezzo della grandezza loro son cagione della grandezza de’ lati. </s>
              <s>Si potrebbe ancho ciò ritrarre dalla prop. ventesima. </s>
              <s>Ma questo si dee intendere del lato che è opposto all’angolo nelle figure di tre lati. </s>
              <s>Vediamo hora se si può ritrarre ‘l medesimo effetto degli angoli ne’ parallelogrammi. </s>
              <s>Dice Euclide nella prop. trentacinquesima. </s>
              <s>I parallelogrammi posti nella medesima base e nelle medesime parallele esser fra loro uguali: là dove per dimostrarla si forma questa descrittione ABCDEF e sopra essa si dimostrano i due parallelogrammi ABCD e BEFC. esser uguali essendo nella medesima </s>
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