Il Porta, nella proposizione VIII del Libro I De refractione, dimostra
che il principio assunto da Vitellione, e seguito poi dal Maurolico, è falso,
e che i raggi incidenti e i refratti formano angoli, i quali stanno in pro
porzioni non uniformemente, ma difformemente difformi: “ Sed Vitellio in
hoc falsus est, quod etsi aequaliter inter se distant in fundo iacentia colo
rata, non ob id aequaliter distant in aquae summo puncta refractionum ”
(Neapoli 1593, pag. 17).
che il principio assunto da Vitellione, e seguito poi dal Maurolico, è falso,
e che i raggi incidenti e i refratti formano angoli, i quali stanno in pro
porzioni non uniformemente, ma difformemente difformi: “ Sed Vitellio in
hoc falsus est, quod etsi aequaliter inter se distant in fundo iacentia colo
rata, non ob id aequaliter distant in aquae summo puncta refractionum ”
(Neapoli 1593, pag. 17).
Per quel che poi riguarda la rappresentazione delle immagini, il Porta
è il più compiuto di tutti gli Ottici che lo seguirono appresso fino allo stesso
Cartesio. Notabile che egli primo introducesse, in questa nuova grafia diot
trica, l'uso degli assi, che egli appella col nome di cateti, da cui è con ve
rità guidato a dimostrar il rappresentarsi delle immagini così reali come
virtuali nelle due forme di lenti. Essendo la Diottrica una scienza nuova a
que'tempi mirabile è in questo Trattato De refractione il libro VIII De
spicillis, del qual soggetto ha l'Autore gran ragione di dire che egli era
res ardua, mirabilis utilis iucunda nec ab aliquibus adhuc tentata (ibi,
pag. 173). La dimostrazione delle immagini, che in vario modo si rappre
sentano dalle varie forme di lenti, è ivi data principalmente nelle tre pro
posizioni: nella VII “ In convexis specillis oculo specillo proprinquo, magni
tudine prope, ut procul posita, semper recta videbitur ” (pag. 179); nella VIII
“ In convexis specillis, magnitudine et oculo longe positis, inversa videbitur
magnitudo et proprinquior ” (pag. 180), e nella XV “ In concavis specillis
res semper minor videbitur ” pag. 185).
è il più compiuto di tutti gli Ottici che lo seguirono appresso fino allo stesso
Cartesio. Notabile che egli primo introducesse, in questa nuova grafia diot
trica, l'uso degli assi, che egli appella col nome di cateti, da cui è con ve
rità guidato a dimostrar il rappresentarsi delle immagini così reali come
virtuali nelle due forme di lenti. Essendo la Diottrica una scienza nuova a
que'tempi mirabile è in questo Trattato De refractione il libro VIII De
spicillis, del qual soggetto ha l'Autore gran ragione di dire che egli era
res ardua, mirabilis utilis iucunda nec ab aliquibus adhuc tentata (ibi,
pag. 173). La dimostrazione delle immagini, che in vario modo si rappre
sentano dalle varie forme di lenti, è ivi data principalmente nelle tre pro
posizioni: nella VII “ In convexis specillis oculo specillo proprinquo, magni
tudine prope, ut procul posita, semper recta videbitur ” (pag. 179); nella VIII
“ In convexis specillis, magnitudine et oculo longe positis, inversa videbitur
magnitudo et proprinquior ” (pag. 180), e nella XV “ In concavis specillis
res semper minor videbitur ” pag. 185).
In quel tempo stesso che il Porta dava opera a pubblicare il Trattato
De Refractione, un altro Italiano aveva rivolte le sue speculazioni intorno
alle proprietà diottriche delle lenti, e ne avea dimostrati teoremi, che an
davano attorno manoscritti. Inventato il canocchiale, fu da alcuni, e segna
tamente da quel Giovanni Bartoli che dell'invenzione del canocchiale dava
particolari notizie al Vinta, pregato l'Autore di quel Manoscritto, che era
Marc'Antonio De Dominis, a voler applicare i teoremi dimostrati alla teo
ria dello stesso Canocchiale, tanto desiderata. Il De Dominis, nonostante la
dignità di Arcivescovo di Spalatro, della quale era stato insignito, condiscese,
preparando quel Trattato, che ebbe poi il titolo De radiis visus et lucis. Di
ciò appunto dava così notizia il Sarpi al Leschassier, con lettera del dì 8 Giu
gno 1610: “ Quanto alle lenti oculari, per dirne alcun che, ci ha qui (in
Venezia) alcuni eruditi, che disegnano di fare un piccolo Commentario sulla
visione, ove esporranno la maniera e la cagione del ritrovato olandese, e
tutte le teorie a un tempo del Canocchiale ” (Polidori, Lettere ediz. cit.
T. II, pag. 81). Due mesi dopo, torna lo stesso Sarpi a scrivere all'amico,
dicendogli che il libricciuolo intorno agli occhiali non era ancora stampato,
ma che l'Autore attendeva alle incisioni, delle quali aveva bisogno per
ispiegare i suoi sentimenti (ivi, pag. 108). Fu stampato poi quel libric
ciuolo, a cui dev'aver preso non piccola parte lo stesso Sarpi, in Venezia
nel 1611, col titolo De radiis visus et lucis in vitris perspectivis et iride,
De Refractione, un altro Italiano aveva rivolte le sue speculazioni intorno
alle proprietà diottriche delle lenti, e ne avea dimostrati teoremi, che an
davano attorno manoscritti. Inventato il canocchiale, fu da alcuni, e segna
tamente da quel Giovanni Bartoli che dell'invenzione del canocchiale dava
particolari notizie al Vinta, pregato l'Autore di quel Manoscritto, che era
Marc'Antonio De Dominis, a voler applicare i teoremi dimostrati alla teo
ria dello stesso Canocchiale, tanto desiderata. Il De Dominis, nonostante la
dignità di Arcivescovo di Spalatro, della quale era stato insignito, condiscese,
preparando quel Trattato, che ebbe poi il titolo De radiis visus et lucis. Di
ciò appunto dava così notizia il Sarpi al Leschassier, con lettera del dì 8 Giu
gno 1610: “ Quanto alle lenti oculari, per dirne alcun che, ci ha qui (in
Venezia) alcuni eruditi, che disegnano di fare un piccolo Commentario sulla
visione, ove esporranno la maniera e la cagione del ritrovato olandese, e
tutte le teorie a un tempo del Canocchiale ” (Polidori, Lettere ediz. cit.
T. II, pag. 81). Due mesi dopo, torna lo stesso Sarpi a scrivere all'amico,
dicendogli che il libricciuolo intorno agli occhiali non era ancora stampato,
ma che l'Autore attendeva alle incisioni, delle quali aveva bisogno per
ispiegare i suoi sentimenti (ivi, pag. 108). Fu stampato poi quel libric
ciuolo, a cui dev'aver preso non piccola parte lo stesso Sarpi, in Venezia
nel 1611, col titolo De radiis visus et lucis in vitris perspectivis et iride,