1lia, che si risvegliò all'esempio, in Germania, quel gran Keplero, il quale
avendo, ne'suoi Paralipomeni a Vitellione, sfiorato appena questi stessi nuovi
studii, volle tornarci sopra di proposito, a coltivarli col principale intento di
derivar luce di lì a intendere la ragione del Canocchiale. Il Trattatello, che
vide pure nel 1611 in Augusta la luce, s'intitolò Dioptrice, seu demonstra
tio eorum quae visui et visibilibus, propter conspicilla non ita pridem in
venta, accidunt, e nella teoria delle lenti semplici si va anche qui prepa
rando la teoria per le lenti composte.
avendo, ne'suoi Paralipomeni a Vitellione, sfiorato appena questi stessi nuovi
studii, volle tornarci sopra di proposito, a coltivarli col principale intento di
derivar luce di lì a intendere la ragione del Canocchiale. Il Trattatello, che
vide pure nel 1611 in Augusta la luce, s'intitolò Dioptrice, seu demonstra
tio eorum quae visui et visibilibus, propter conspicilla non ita pridem in
venta, accidunt, e nella teoria delle lenti semplici si va anche qui prepa
rando la teoria per le lenti composte.
Il rappresentarsi delle immagini reali nelle lenti convesse è dimostrato
nella proposizione XXC con tanta esattezza, che non potrebbe di meglio de
siderare la scienza. Ivi è invocato per la prima volta il principio che l'oc
chio riferisce la vista nella direzione del raggio rifratto, e con ciò venivasi
35[Figure 35]
nella proposizione XXC con tanta esattezza, che non potrebbe di meglio de
siderare la scienza. Ivi è invocato per la prima volta il principio che l'oc
chio riferisce la vista nella direzione del raggio rifratto, e con ciò venivasi
35[Figure 35]
Figura 27.
a intendere in che modo il teorema di Tolomeo, che
cioè gli oggetti si vedon dall'occhio nostro ingranditi
a proporzione dell'angolo visuale, si potesse, dai di
retti e naturali, applicare ai raggi rifratti. Quella
citata proposizione XXC, in cui si dimostra così bene
la teoria del microscopio semplice, è conclusa dal
l'Autore nella forma seguente: “ Ut igitur totum DE
(fig. 27) apprehendatur, oportet venire ab oculo exte
riores quam CI, CK, puta CA, CB. Hae igitur si iusto
spacio distiterint a CI, CK, refractione in A, B facta,
apprehendent D, E ut sint visivae CAD, CBE. Cum
autem ACB angulus sit maior quam ICK, quo spe
ctatur visibile, remota lente, maius igitur putabitur visibile DE quam est.
Nam nescit oculus quid radiis CA, CB accidat in transitu A et B, putatque
illos continuari in rectum ac si essent CAF, CBG, ubi FG imaginata quantitas
est maior quam DE ” (ibi, pag. 36).
a intendere in che modo il teorema di Tolomeo, che
cioè gli oggetti si vedon dall'occhio nostro ingranditi
a proporzione dell'angolo visuale, si potesse, dai di
retti e naturali, applicare ai raggi rifratti. Quella
citata proposizione XXC, in cui si dimostra così bene
la teoria del microscopio semplice, è conclusa dal
l'Autore nella forma seguente: “ Ut igitur totum DE
(fig. 27) apprehendatur, oportet venire ab oculo exte
riores quam CI, CK, puta CA, CB. Hae igitur si iusto
spacio distiterint a CI, CK, refractione in A, B facta,
apprehendent D, E ut sint visivae CAD, CBE. Cum
autem ACB angulus sit maior quam ICK, quo spe
ctatur visibile, remota lente, maius igitur putabitur visibile DE quam est.
Nam nescit oculus quid radiis CA, CB accidat in transitu A et B, putatque
illos continuari in rectum ac si essent CAF, CBG, ubi FG imaginata quantitas
est maior quam DE ” (ibi, pag. 36).
Quanto però il Keplero è esatto in questa, altrettanto si mostra impro
prio nell'altra proposizione XCVI, dove tratta delle immagini rappresentate
dalle lenti concave. L'enunciato visibilia per cavas lentes rapraesentantur
minora (pag. 49) è vero, ma nel processo della dimostrazione si tien che i
raggi convergano verso l'occhio quasi abbiano le lenti concave, come le con
vesse, un foco reale. Da questo errore principalmente dipende l'insufficienza
del Keplero a spiegar la ragione del Canocchiale, imperocchè, sebbene egli,
nelle due proposizioni XLIV e LXXV, dimostri assai bene il rappresentarsi
delle immagini reali o rovesciate nelle lenti convesse, non seppe poi vedere
come, contrapposta una tale immagine reale per oggetto alla lente concava,
questa, collocata presso l'occhio, per la divergenza e l'incrociamento de'raggi
in lei rifratti, venisse a ripresentar l'oggetto stesso assai più grande e di
ritto. È perciò che il nostro Autore nella proposizione CVII, smarrita la sua
scienza diottrica, si abbandona alla fantasia, la quale gli fa tesser così fatto
discorso: La lente convessa fa troppo convergere i raggi; la concava gli fa
roppo divergere, ma composte insieme nel Canocchiale si emendano i due
prio nell'altra proposizione XCVI, dove tratta delle immagini rappresentate
dalle lenti concave. L'enunciato visibilia per cavas lentes rapraesentantur
minora (pag. 49) è vero, ma nel processo della dimostrazione si tien che i
raggi convergano verso l'occhio quasi abbiano le lenti concave, come le con
vesse, un foco reale. Da questo errore principalmente dipende l'insufficienza
del Keplero a spiegar la ragione del Canocchiale, imperocchè, sebbene egli,
nelle due proposizioni XLIV e LXXV, dimostri assai bene il rappresentarsi
delle immagini reali o rovesciate nelle lenti convesse, non seppe poi vedere
come, contrapposta una tale immagine reale per oggetto alla lente concava,
questa, collocata presso l'occhio, per la divergenza e l'incrociamento de'raggi
in lei rifratti, venisse a ripresentar l'oggetto stesso assai più grande e di
ritto. È perciò che il nostro Autore nella proposizione CVII, smarrita la sua
scienza diottrica, si abbandona alla fantasia, la quale gli fa tesser così fatto
discorso: La lente convessa fa troppo convergere i raggi; la concava gli fa
roppo divergere, ma composte insieme nel Canocchiale si emendano i due