1bio ripetersi dall'aver tutti a un modo ignorata la legge dei raggi refratti. Or
perchè una tal legge fu dal Cartesio così ben dimostrata, chi non s'aspet
terebbe mai che la teoria del Canocchiale non si dovesse aver finalmente
chiara e spiegata dal celebre Autore, in quel cap. VII della Diottrica, or
dinato giusto a trattar De modis visionem perficiendi? Eppure è un fatto
che la teoria cartesiana è la più goffa di quante altre mai ne avessero spe
culate i suoi predecessori.
perchè una tal legge fu dal Cartesio così ben dimostrata, chi non s'aspet
terebbe mai che la teoria del Canocchiale non si dovesse aver finalmente
chiara e spiegata dal celebre Autore, in quel cap. VII della Diottrica, or
dinato giusto a trattar De modis visionem perficiendi? Eppure è un fatto
che la teoria cartesiana è la più goffa di quante altre mai ne avessero spe
culate i suoi predecessori.
Parte l'Autore da questo principio: che tanto cioè più grandi si rap
presentino all'occhio gli oggetti, quanto più di lontano v'entrano per la
pupilla i raggi luminosi incrociati. “ Unicus tamen adhuc modus has ima
gines augendi restat, quo nempe efficimus ut radii, ex diversis punctis missi,
quam longissime fieri potest ab oculi fundo decussentur ” (Francof. 1692,
pag. 80). Ora, pensava il Cartesio, che il Canocchiale è un tal artifizio, per
cui i raggi, che s'incrocerebbero sulla superficie dell'occhio, s'incrociano
invece sulla superficie dell'obiettivo, di guisa che il massimo e principale
efficiente della visione telescopica non sarebbe mica costituito dalle lenti, le
quali poco importa che abbiano una figura piuttosto che un'altra, ma sì
dalla lunghezza del tubo: la qual lunghezza potendosi ridurre a qualunque
misura illimitata, fa sì che la potenza, che si può dar dall'artefice a un Ca
nocchiale, è indefinita. “ Unicus utpote qui ad obiecta tam accessa quam
inaccessa, usum sui praebere possit, et cuius effectus nullis terminis cir
cumscribitur; ita ut huius ope, imagines semper in maius augendo usque ad
indefinitam quantitatem expandere possimus ” (ibi).
presentino all'occhio gli oggetti, quanto più di lontano v'entrano per la
pupilla i raggi luminosi incrociati. “ Unicus tamen adhuc modus has ima
gines augendi restat, quo nempe efficimus ut radii, ex diversis punctis missi,
quam longissime fieri potest ab oculi fundo decussentur ” (Francof. 1692,
pag. 80). Ora, pensava il Cartesio, che il Canocchiale è un tal artifizio, per
cui i raggi, che s'incrocerebbero sulla superficie dell'occhio, s'incrociano
invece sulla superficie dell'obiettivo, di guisa che il massimo e principale
efficiente della visione telescopica non sarebbe mica costituito dalle lenti, le
quali poco importa che abbiano una figura piuttosto che un'altra, ma sì
dalla lunghezza del tubo: la qual lunghezza potendosi ridurre a qualunque
misura illimitata, fa sì che la potenza, che si può dar dall'artefice a un Ca
nocchiale, è indefinita. “ Unicus utpote qui ad obiecta tam accessa quam
inaccessa, usum sui praebere possit, et cuius effectus nullis terminis cir
cumscribitur; ita ut huius ope, imagines semper in maius augendo usque ad
indefinitam quantitatem expandere possimus ” (ibi).
L'Huyghens, dop'aver notate queste cartesiane goffaggini, soggiunge:
Quod vix credibile de tanto viro, tamque in his rebus versato. Noi però,
che conosciamo oramai il Cartesio, sappiamo che così fatte goffaggini sono
il frutto legittimo della sua Filosofia naturale, e siam persuasi che, se fosse
tornato a filosofare Aristotile nel 1637, non avrebbe discorso altrimenti dal
l'Autor della Diottrica intorno alle ragioni del Canocchiale.
Quod vix credibile de tanto viro, tamque in his rebus versato. Noi però,
che conosciamo oramai il Cartesio, sappiamo che così fatte goffaggini sono
il frutto legittimo della sua Filosofia naturale, e siam persuasi che, se fosse
tornato a filosofare Aristotile nel 1637, non avrebbe discorso altrimenti dal
l'Autor della Diottrica intorno alle ragioni del Canocchiale.
Le parole sopra citate le scriveva l'Huyghens a pag. 166 di un suo
libro, che pur s'intitola la Dioptrica, ma che tanto differisce dalla Dioptrica
cartesiana, quanto dalle fucate immagini differisce la realtà degli oggetti.
Benchè fosse quell'opera insigne, dalla quale il Newton e la scienza della
luce rifratta ebbero così validi impulsi, pubblicata postuma in Leyda nel 1703,
nonostante erano stati già infino dal 1659 dimostrati e posti in ordine di
trattato i principali teoremi. Nel Systema Saturnium infatti citava l'Huy
ghens la sua Diottrica ne'termini seguenti: “ Illud enim in Dioptricis no
stris demonstratum invenietur, speciei per tubum visae ad eam quae nudo
oculo percipitur, hanc secundum diametrum esse rationem, quae distantiae
foci in exteriori vitro, ad illam quae in interiori sive oculari vitro est, foci
distantiam ” (Oper. var. Lugd. Batav. 1724, pag. 538).
libro, che pur s'intitola la Dioptrica, ma che tanto differisce dalla Dioptrica
cartesiana, quanto dalle fucate immagini differisce la realtà degli oggetti.
Benchè fosse quell'opera insigne, dalla quale il Newton e la scienza della
luce rifratta ebbero così validi impulsi, pubblicata postuma in Leyda nel 1703,
nonostante erano stati già infino dal 1659 dimostrati e posti in ordine di
trattato i principali teoremi. Nel Systema Saturnium infatti citava l'Huy
ghens la sua Diottrica ne'termini seguenti: “ Illud enim in Dioptricis no
stris demonstratum invenietur, speciei per tubum visae ad eam quae nudo
oculo percipitur, hanc secundum diametrum esse rationem, quae distantiae
foci in exteriori vitro, ad illam quae in interiori sive oculari vitro est, foci
distantiam ” (Oper. var. Lugd. Batav. 1724, pag. 538).