Caverni, Raffaello, Storia del metodo sperimentale in Italia, 1891-1900

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Parte l'Autore da questo principio: che tanto cioè più grandi si rap­
presentino
all'occhio gli oggetti, quanto più di lontano v'entrano per la
pupilla
i raggi luminosi incrociati.
Unicus tamen adhuc modus has ima­
gines
augendi restat, quo nempe efficimus ut radii, ex diversis punctis missi,
quam
longissime fieri potest ab oculi fundo decussentur (Francof.
1692,
pag
.
80). Ora, pensava il Cartesio, che il Canocchiale è un tal artifizio, per
cui
i raggi, che s'incrocerebbero sulla superficie dell'occhio, s'incrociano
invece
sulla superficie dell'obiettivo, di guisa che il massimo e principale
efficiente
della visione telescopica non sarebbe mica costituito dalle lenti, le
quali
poco importa che abbiano una figura piuttosto che un'altra, ma
dalla
lunghezza del tubo: la qual lunghezza potendosi ridurre a qualunque
misura
illimitata, fa che la potenza, che si può dar dall'artefice a un Ca­
nocchiale
, è indefinita.
Unicus utpote qui ad obiecta tam accessa quam
inaccessa
, usum sui praebere possit, et cuius effectus nullis terminis cir­
cumscribitur
; ita ut huius ope, imagines semper in maius augendo usque ad
indefinitam
quantitatem expandere possimus (ibi).
Le parole sopra citate le scriveva l'Huyghens a pag. 166 di un suo
libro
, che pur s'intitola la Dioptrica, ma che tanto differisce dalla Dioptrica
cartesiana
, quanto dalle fucate immagini differisce la realtà degli oggetti.

Benchè
fosse quell'opera insigne, dalla quale il Newton e la scienza della
luce
rifratta ebbero così validi impulsi, pubblicata postuma in Leyda nel 1703,
nonostante
erano stati già infino dal 1659 dimostrati e posti in ordine di
trattato
i principali teoremi.
Nel Systema Saturnium infatti citava l'Huy­
ghens
la sua Diottrica ne'termini seguenti: “ Illud enim in Dioptricis no­
stris
demonstratum invenietur, speciei per tubum visae ad eam quae nudo
oculo
percipitur, hanc secundum diametrum esse rationem, quae distantiae
foci
in exteriori vitro, ad illam quae in interiori sive oculari vitro est, foci
distantiam
(Oper.
var. Lugd. Batav. 1724, pag. 538).
Questo stesso teorema fu posto poi nella Diottrica per fondamento alla
teoria
del Canocchiale, e intorno a ciò così l'Huyghens stesso scrive: “ Quod
enim
hic prae caeteris requirebatur, ut data lentium forma ac positu, ex

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