1ha in casa sua chi fa quanto lui ed anco più di lui. Da pochi giorni in qua
ne ho lavorati solo sei, tra i quali quattro ne sono riusciti con difetto ap
parente; gli altri due sono stati a prova con quel perfettissimo del Gran
duca fatto dal Fontana, e non si trova una minima differenza, se non che
quello è il meglio che sia stato fatto tra mille vetri, nello spazio di 20 anni,
dal Fontana, ed i miei sono scelti fra sei fatti nello spazio di otto giorni.
Io spero di passar anco più avanti, sebbene il Granduca mi dica di esser
soddisfatto così, ed ieri appunto mi donò di sua mano una collana di 300
scudi, con medaglia e motto Virtutis praemia. Spero che V. S. n'averà
gusto e gli sarà sprone di seguitare più avanti. Mi dispiace bene di non
poter darle qualche luce, poichè il Granduca m'ha imposto silenzio e se
gretezza. Che l'invenzione sia la medesima che quella del Fontana, mi par
quasi impossibile: io pagherei bene qualche cosa che la sua non fosse come
la mia ” (ivi, c. 36).
ne ho lavorati solo sei, tra i quali quattro ne sono riusciti con difetto ap
parente; gli altri due sono stati a prova con quel perfettissimo del Gran
duca fatto dal Fontana, e non si trova una minima differenza, se non che
quello è il meglio che sia stato fatto tra mille vetri, nello spazio di 20 anni,
dal Fontana, ed i miei sono scelti fra sei fatti nello spazio di otto giorni.
Io spero di passar anco più avanti, sebbene il Granduca mi dica di esser
soddisfatto così, ed ieri appunto mi donò di sua mano una collana di 300
scudi, con medaglia e motto Virtutis praemia. Spero che V. S. n'averà
gusto e gli sarà sprone di seguitare più avanti. Mi dispiace bene di non
poter darle qualche luce, poichè il Granduca m'ha imposto silenzio e se
gretezza. Che l'invenzione sia la medesima che quella del Fontana, mi par
quasi impossibile: io pagherei bene qualche cosa che la sua non fosse come
la mia ” (ivi, c. 36).
In questo stesso giorno 6 Febbraio 1643 dava sfogo il Torricelli alla
sua esultanza, scrivendo all'altro suo carissimo amico M. A. Ricci, per dargli
nuova del dono della collana e dell'invenzione de'vetri, che non gli era oc
corsa per caso, ma l'avea trovata per via di speculazione geometrica, e
con la dottrina e cognizione di queste figurine coniche, e con la scienza
delle rifrazioni (ivi, c. 83). In che consistesse quella scienza delle rifrazioni
e in che quel segreto scoperto, che gli dette in mano l'invenzione di lavo
rar vetri più perfetti di quelli stessi di Napoli, lo vedremo tra poco. Ma in
tanto seguitiamo i progressi di questo ardente emulo di Francesco Fontana.
sua esultanza, scrivendo all'altro suo carissimo amico M. A. Ricci, per dargli
nuova del dono della collana e dell'invenzione de'vetri, che non gli era oc
corsa per caso, ma l'avea trovata per via di speculazione geometrica, e
con la dottrina e cognizione di queste figurine coniche, e con la scienza
delle rifrazioni (ivi, c. 83). In che consistesse quella scienza delle rifrazioni
e in che quel segreto scoperto, che gli dette in mano l'invenzione di lavo
rar vetri più perfetti di quelli stessi di Napoli, lo vedremo tra poco. Ma in
tanto seguitiamo i progressi di questo ardente emulo di Francesco Fontana.
Nel 1646 credeva di esser giunto a tal perfezione, che ai limiti dell'arte
umana non fosse conceduto di passare più avanti. Scorto dal principio pra
tico galileiano, secondo il quale i Canocchiali tanto più ingrandiscono, quanto
la distanza focale dell'obiettivo è maggior, rispetto alla distanza focale del
l'oculare, si dette a fabbricar convessi di segmenti di grandissima sfera, per
i quali convessi riuscivano scarsi, traforati nell'anima per servir di tubi, i
più lunghi abeti delle foreste toscane.
umana non fosse conceduto di passare più avanti. Scorto dal principio pra
tico galileiano, secondo il quale i Canocchiali tanto più ingrandiscono, quanto
la distanza focale dell'obiettivo è maggior, rispetto alla distanza focale del
l'oculare, si dette a fabbricar convessi di segmenti di grandissima sfera, per
i quali convessi riuscivano scarsi, traforati nell'anima per servir di tubi, i
più lunghi abeti delle foreste toscane.
“ Il Serenissimo Granduca, così scriveva al Ricci, mi comandò che io
facessi un Occhiale di 20 braccia: lo feci, cioè lavorai un vetro d'un palmo
di diametro, che andava lungo 24 passi andanti. S. A. lo faceva tenere in
mano di un uomo, e poi si allontanava perchè facesse il suo ufficio, e con
quel vetro solo, senz'altro vetro all'occhio, vedeva gli oggetti e chiari giu
sto come averebbe fatto l'occhialone, ancorchè ciò si facesse in campagna,
nell'aria aperta e luminosa, e che il vetro si tenesse da un uomo a caso e
non fermo bene. Questa sperienza l'ha replicata tante volte, che è stata ve
duta da chi non l'ha voluta vedere. Ultimamente comandò che si facesse
il cannone, e si prese un abete di 20 braccia fiorentine, e fu incavato male
e commesso peggio per la fretta, poichè guardando io, dopo commesso, veddi
che la cavità, in cambio di esser conica circolare, faceva questa apparenza O.
La mattina, che S. A. era per partire alla volta di Pisa, lo feci tirar su per
sue camere e vi mettemmo il vetro: fu guardata una villa
facessi un Occhiale di 20 braccia: lo feci, cioè lavorai un vetro d'un palmo
di diametro, che andava lungo 24 passi andanti. S. A. lo faceva tenere in
mano di un uomo, e poi si allontanava perchè facesse il suo ufficio, e con
quel vetro solo, senz'altro vetro all'occhio, vedeva gli oggetti e chiari giu
sto come averebbe fatto l'occhialone, ancorchè ciò si facesse in campagna,
nell'aria aperta e luminosa, e che il vetro si tenesse da un uomo a caso e
non fermo bene. Questa sperienza l'ha replicata tante volte, che è stata ve
duta da chi non l'ha voluta vedere. Ultimamente comandò che si facesse
il cannone, e si prese un abete di 20 braccia fiorentine, e fu incavato male
e commesso peggio per la fretta, poichè guardando io, dopo commesso, veddi
che la cavità, in cambio di esser conica circolare, faceva questa apparenza O.
La mattina, che S. A. era per partire alla volta di Pisa, lo feci tirar su per
sue camere e vi mettemmo il vetro: fu guardata una villa