Zanotti, Francesco Maria, Della forza de' corpi che chiamano viva libri tre, 1752

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4420DELLA FORZA DE’ CORPI intenderſi, che una tal virtù; perchè così la qui-
ſtione ſarebbe ſciolta di preſente.
Ma per qual
cagione non ſarà egli lecito al fi@oſofo intendere
per qualſivoglia nome qualſivoglia coſa?
Io non
credo già, riſpoſi io allora, che debba ciò eſſer
lecito;
ma egli è ben certo che chi deſvia un no-
me dalla ſua prima ſignificazione trasferendolo ad
un’ altra, dee bene intendere, che egli non trat-
ta ne ſcioglie la controverſia, che prima con tal
nome era ſtata propoſta, ma ne propone una
nuova;
e ſi ingannerebbe ſe egli credeſſe di aver
trattata la quiſtion vecchia per eſſerſi ſervito del
vecchio nome;
come io temo, che ſia avvenuto,
non ha gran tempo in Bologna ad un’ ingegno-
ſiſſimo matematico;
voglio dire il Padre Ricca-
ti, il quale avendoſi finta nell’ animo certa qua-
lità nuova, formandola, e diffinendola a modo
ſuo, et avendovi compoſto ſopra con molto ſtu-
dio undici belliſſimi dialoghi, ha creduto diaver
fatto un libro ſopra la forza viva;
e ciò non per
altro, ſe non perchè gli è piacciuto nominar for-
za viva quella ſua qualità.
Secondo un tal diſcor-
ſo, diſſe allora il Signor Marcheſe, potrebbono
i filoſofi, che abbiamo detto, non aver ſciolta
la quiſtione in niun modo, anzi non averla pu-
re toccata;
e ciò ſarebbe, quando eſſi con quel-
la loro diffinizione aveſſero diſtolto il nome di
forza viva dalla ſua prima ſignificazione, traen-
dolo ad un’ altra ad arbitrio loro.
E per entrar
nella quiſtione ſicuramente, biſognerebbe

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