4723LIBRO I.
ſieno, ſe ſono conſentanee ai diſeorſi medeſimi,
come eſſer debbono, biſogna pure, che ſi riduca-
no tutte in una, cioè che la ſorza viva ſia quel-
la forza, che ha un corpo, allorchè è moſſo, di
produrre o un’ effetto, o un’ altro. Biſogna cer-
to, diſſe allora il Signor Marcheſe, che così in-
tendeſſero la forza viva; altramente non l’ av-
rebbono miſurata dagli effetti. E ſe ciò è, ben
ſi vede che ſecondo loro, eſſendo la forza viva
una forza del corpo meſſo già in movimento,
dee ſopravvenire al movimento, non produrlo; e
quelli che hanno chiamato forza viva la forza
producitrice del movimento, hanno abuſato del
nome, e ſervendoſi della ſteſſa voce hanno fatto
un’ altra quiſtione. Del qual’ errore, ſoggiunſi
io, non ſon forſe del tutto eſenti i noſtri Carte-
ſiani, i quali dovevano per forza viva intender
non quello, che lor piaceva, cioè la potenza pro-
ducitrice del movimento, ma sì quello, che vo-
levano i Leibniziani. Ma eſſi intendendo quello,
che piaceva loro, trovarono la quiſtion più faci-
le; e quella facilità gli fece errar volentieri. Ne
dovrebbe però, diſſe allora il Signor Marcheſe,
eſſer gran fatto difficile ſciogliere la quiſtion lo-
ro anche a quegli altri, che vogliono la forza vi-
va eſſere una forza, che ha il corpo moſſo di pro-
durre varj effetti; i quali effetti ſono, ſe io non
m’ inganno, di rompere per eſempio un’ altro
corpo, in cui quello, che è moſſo, vada a per-
cuotere, o di piegarlo, o di ſchiacciarlo, o
come eſſer debbono, biſogna pure, che ſi riduca-
no tutte in una, cioè che la ſorza viva ſia quel-
la forza, che ha un corpo, allorchè è moſſo, di
produrre o un’ effetto, o un’ altro. Biſogna cer-
to, diſſe allora il Signor Marcheſe, che così in-
tendeſſero la forza viva; altramente non l’ av-
rebbono miſurata dagli effetti. E ſe ciò è, ben
ſi vede che ſecondo loro, eſſendo la forza viva
una forza del corpo meſſo già in movimento,
dee ſopravvenire al movimento, non produrlo; e
quelli che hanno chiamato forza viva la forza
producitrice del movimento, hanno abuſato del
nome, e ſervendoſi della ſteſſa voce hanno fatto
un’ altra quiſtione. Del qual’ errore, ſoggiunſi
io, non ſon forſe del tutto eſenti i noſtri Carte-
ſiani, i quali dovevano per forza viva intender
non quello, che lor piaceva, cioè la potenza pro-
ducitrice del movimento, ma sì quello, che vo-
levano i Leibniziani. Ma eſſi intendendo quello,
che piaceva loro, trovarono la quiſtion più faci-
le; e quella facilità gli fece errar volentieri. Ne
dovrebbe però, diſſe allora il Signor Marcheſe,
eſſer gran fatto difficile ſciogliere la quiſtion lo-
ro anche a quegli altri, che vogliono la forza vi-
va eſſere una forza, che ha il corpo moſſo di pro-
durre varj effetti; i quali effetti ſono, ſe io non
m’ inganno, di rompere per eſempio un’ altro
corpo, in cui quello, che è moſſo, vada a per-
cuotere, o di piegarlo, o di ſchiacciarlo, o