Zanotti, Francesco Maria, Della forza de' corpi che chiamano viva libri tre, 1752
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4824DELLA FORZA DE’ CORPI aprirlo, o di chiuderlo, o di alzarlo, o che ſo
io;
poichè ſe troveraſſi per eſperienza, che tali
effetti ſieno proporzionali alla velocità del cor-
po, biſognerà ben dire, che quella forza, che gli
produce, ſia proporzionale eſſa pure alla velocità;
e ſe quelli ſi troveranno proporzionali al quadra-
to della velocità, dovrà eſſere proporzionale al-
lo ſteſſo quadrato ancor la forza.
Io laſcio ora
da parte la maſſa, piacendomi, che ella ſi pren-
da per tutto e in tutti gli eſperimenti ſempre egua-
le, così che per riſpetto di eſſa non mai debba
cangiarſi la proporzione.
Par dunque, che tutta
la quiſtione voglia commetterſi all’ eſperienza,
per cui ſi vegga, qual ſia la grandezza di ciaſcun’
effetto, e quindi miſuriſi la grandezza della for-
za;
in tanto che gli eſperimentatori, che ſi han-
no oggimai uſurpata quaſi tutta la filoſofia, ſi
uſurperanno ancora queſta controverſia.
Io non
credo però, riſpoſi io allora, che i metafiſici la
laſcieran loro godere aſſai tranquillamente.
Co-
me ciò?
riſpoſe il Signor Marcheſe. Perchè, diſſi
io, ſe noi non avremo dell’ effetto ſe non quel-
la idea, che l’ eſperimentatore ci moſtra, non
ne avremo che una idea confuſiſſima, e bene
ſpeſſo metteremo a luogo di effetto ciò, che non
è;
e vorranno i metafiſici ſvolgere eſſi et illuſtrar
queſta idea, e dichiarare, qual ſia vero effetto,
e qual nò, moſtrando in che s’ adopri l’ azion
della cauſa, e in che non s’ adopri.
Ne per mio
avviſo avranno il torto;
richiedendoſi a ciò un

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