sce che tutto quel
che si vede apparire sotto qualche angolo; che la figura formata da’ raggi
visuali e dall’obbietto per cagionar la visione, non è altro che ‘l conio
sicome s’è detto. </s>
<s>Il quale ci mostra l’obbietto maggiore o minore, secondo la grandezza
dell’angolo da esso costituito, perciochè la grandezza degli angoli e la
proportione che è fra un angolo e l’altro ritratta dalle portioni delle
circonferenze del conio è cagione che l’obbietto si mostri hora minore ed
hore maggiore. </s>
<s>E sicome del crescimento dell’angolo si cagiona il crescimento dell’apparenza
della grandezza dell’obbietto, così all’incontro, dallo scemamento, si
cagiona lo scemamento della grandezza; perciochè la medesima forza che hanno
gli angoli nella Geometria, di aggiongere o scemar gli spatij (sì come altre
volte s’è detto) ritengono anchora nella Prospettiva; ma si adatta a diverso
fine perciochè quivi si applica solamente per ritruovar l’uguaglianza o la
disuguaglianza delle grandezze pure geometriche e qui si adatta solamente
alla diversa apparenza degli obbietti visibili. </s>
<s>Oltre acciò, quando l’angolo è maggiore o minore, comprende più o meno dello
spatio dello splendor del conio posto intorno all’obbietto; di maniera che
quando l’angolo sarà uguale le cose saranno vedute con ugual lume; onde
necessariamente ci appariranno uguali. </s>
<s>Talchè quindi anchora si ritrahe che la grandezza dell’angolo porge la
grandezza dell’apparenze dell’obbietti. </s>
<s>Il medesimo effetto si può vedere, collocato l’
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obbietto in varie
positure, come si chiarisce da Euclide nell’ottava supposizione, là dove si
vede che quelle cose che poste in alto fanno conio con maggior angolo si
mostrano più basse, cosa che si rende certa per l’esperienza del Sole, che
nell’inverno apparisce più basso. </s>
<s>Di più, non solamente l’angolo del conio con la varia sua grandezza è cagione
d’apparenze diverse, ma ancho quanto più è diviso o moltiplicato in più
angoli secondo che un conio maggiore si divide in più conij minori, tanto
più è cagione di più perfetta visione. </s>
<s>E però nella dodicesima supp. disse: quelle cose che si vedono sotto più
angoli si vedono più distintamente. </s>
<s>E la ragione si è che ciò che si vede non si può veder se non sotto qualche
angolo, come è già manifesto, allhora si vedrà più perfettamente, quando
sarà contenuto sotto più angoli, perciò che essendo più angoli saranno più
conij ed essendo più conij saranno ancho molti più raggi visuali, onde se i
primi raggi visuali arrivano alla estremità dell’obbietto, i secondi, i
terzi, i quarti, i quinti e così altri anchora feriranno l’obbietto dentro
l’estremità, di maniera che non vi sarà parte d’obbietto alla quale non
gionghino i detti raggi. </s>
<s>Onde se quelle cose si veggono alle quali giongonsi i raggi visuali, come
disse nella terza supp. quelle più esattamente si vedranno alle quali
giungeranno più raggi visuali; come se tuttta la vista apprensiva del vedere
proceda muovendosi sopra ‘ raggi visuali; perciochè tutta la virtù del
vedere secondo Eliodoro è collocata in </s>