Caverni, Raffaello, Storia del metodo sperimentale in Italia, 1891-1900

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1mente a considerare in Archimede e nella sua scuola quali sieno
le note proprie e distintive della Filosofia naturale derivata dall'Ac­
cademia.
Fedele agli insegnamenti di Platone, essa contempla nella
natura le forme geometriche, e dilettandosene sublimemente, dà
mirabili impulsi da progredire non a sola la Geometria pura, ma
alla Geometria applicata al moto dei gravi, degli astri, della luce e
de'suoni.
La Meccanica, l'Astronomia, l'Ottica, la Musica e simili
altre discipline e arti, in quanto si riducono a simmetria di linee
o ad armonia di numeri, son frutti allegati nel fiore degli orti Ac­
cademici.
L'altro aspetto poi sotto cui si presenta la natura, nel
rivelarsi per l'organo dei sensi, perciocchè questi sono ingannevoli,
si riguardan da quella filosofia non altrimenti che quali scherzi im­
meritevoli affatto della seria attenzion de'filosofi.
Per i platonici
insomma la Filosofia sperimentale, o la natura che ne forma il sog­
getto, nient'altro si è che, o una lasciva fanciulla che scherza, o una
paurosa maga che incanta.
E in fatti tutti i libri di fisica scritti
dagli autori di quella scuola si vedon portare scritto in fronte il
titolo o di Magia naturale o di Spettacoli maravigliosi della natura.
Ma quale Filosofia sperimentale poteva derivar mai dal Peri­
pato?
Attendiamo bene al principio che informa quella scuola. Già
noi lo mostrammo apertamente più sopra, e dicemmo consistere
quel principio nel far dipendere dalla nostra ragione le leggi che
governano la Natura.
In conseguenza di ciò, l'esperienza è inutile,
e la ragione legislatrice e signora non ha bisogno di travagliarsi
servilmente a osservare e a cimentare i fatti naturali.
A che dal­
l'altra parte mostrarsi bisognosi d'inventare e di fabbricare stru­
menti da rendere più squisito l'uso dei sensi?
Alla ragione basta
quel poco che i sensi stessi possono porgerle, in qualunque maniera
sia fatto: al resto ella supplisce bene da sè medesima, senz'altro
estrinseco aiuto.
Quali potevano essere insomma i frutti di così fatte dottrine?
Quelli, che si possono aspettar da un albero in una opaca e neb­
biosa valle, senza alcuna posa combattuta dai venti.
Il Peripato perciò
dee essere necessariamente infecondo, chiuso, e quasi diremmo in­
crisalidato nella propria ragione, e combattuto dai venti dell'orgo­
glio.
Eppure è stato scritto da alcuni che Aristotile è gran maestro
di fisici sperimenti, per cui egli incarna le astratte speculazioni, e
colorisce i disegni aerei di Platone.
Magnificano costoro la Storia
degli animali del filosofo di Stagira, e la vorrebbero proporre come
esempio di diligentissime osservazioni de'fatti naturali.
Ma, se bene

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