Caverni, Raffaello, Storia del metodo sperimentale in Italia, 1891-1900

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1si bada, si vedrà che l'osservazione di Aristotile è affatto superfi­
ciale: è quella stessa che non isfugge a nessuno, il quale apre gli
occhi a guardare le esteriori apparenze dei corpi.
Quando però si
tratta di entrare addentro alla natura delle cose, l'autore incespica
e rimane intrigato in gravissimi errori, come per esempio nel caso
di determinare il modo dell'incesso de'quadrupedi e del risolvere
molte altre simili questioni di meccanica animale.
Del resto, anco
in quella Storia, il filosofo rivela il suo proprio genio, e diciamo
così, la sua propria ambizione, qual era quella di dar anima alla
natura col suo proprio discorso, lusingandosi quasi d'esserne il
Creatore, nell'atto che ne divisava le proprietà e ne annoverava le
specie.
Egli è, ricordiamocene, nò nella sola storia naturale ma, in
ogni scibile, il Maestro delle Categorie.
Chi volesse poi formarsi una più giusta idea di quel genio
aristotelico; e volesse anche meglio persuadersi della falsità dell'as­
serto riferito di sopra, che cioè sia il Filosofo di Stagira gran maestro
di fisici sperimenti; non ha a far altro che svolgerne i Problemi
per tutte quelle XXXVIII sezioni in cui l'Autore gli volle distri­
buiti.
Essi comprendono tutta intera l'enciclopedia della scienza
naturale a quei tempi, e s'intende di dare a quel modo le risposte
più sincere alle varie domande che si posson far dai curiosi.
Non men falso poi reputiamo l'altro asserto pur di sopra no­
tato, che cioè Aristotile compia le dottrine del suo Maestro.
Fra'due
filosofi è così aperto il dissidio, che è impossibile trovar ordine e
modo da ricongiungerli insieme.
Pur nonostante è vero che in al­
cuni punti si riscontrano, ma però si riscontrano a quel modo che
avvien delle vie tortuose che s'intersecano e procedono per qualche
tratto con le diritte rendendo più che mai però intralciato il viaggio.

S'incontrano senza dubbio ambedue i Filosofi greci in questo, in
recidere cioè gli stami ai progressi dell'arte sperimentale, renden­
dola l'uno impossibile e l'altro inutile.
All'impossibilità riducesi
evidentemente da Platone, insegnando che i sensi non rappresentano
all'anima altro che larve fuggitive ed inganni, e si riduce ad una
inutilità per Aristotile, il quale professa che al difetto dei sensi può
supplire, per sè medesima, la ragione.
Così è che se, per gli Acca­
demici, la Filosofia naturale è un ludibrio spettacoloso, per i Peri­
patetici non è altro più che una sottile esercitazion d'ingegno.
D'ond'è che gli spettacoli della Natura andando bene spesso, da'loro
autori, accompagnati dalle sottigliezze della Dialettica, non è facile
a discerner se uno de'così fatti libri appartiene all'una o all'altra

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