Caverni, Raffaello, Storia del metodo sperimentale in Italia, 1891-1900

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1Crede egli così, perchè gli angoli CAD, CBD essendo uguali, comprendono
quantità uguale di raggi luminosi, e avendo supposto plures radios inten­
75[Figure 75]
Figura 10.
sius, aequales vero aequaliter illuminare (ibi, pag.
1)
ne conclude perciò che debba esser l'oggetto illumi­
nato da ugual quantità di luce o sia vicino il lucido
o sia piuù lontano.
Il paralogismo era atto a sedurre qualunque più
acuto ingegno, e anche Galileo, come fra poco ve­
dremo, ne fu sedotto.
La radice occulta poi dell'er­
ror seducente stava in ciò che si considerava la luce
diffondersi non per la solidità sferica ma per la su­
perficialità circolare.
Questo errore nel Maurolico
non apparisce espresso, ma il Keplero che rifuggiva
dall'ammetter la diffusione sferica della luce, perchè essendo la trina dimen­
sione propria de'solidi non faceva possibile intendere come potesse la stessa
luce penetrare altri corpi e diffondersi in istante; apertamente professò nelle
proposizioni VI e VII del cap.
I de'Paralipomeni a Vitellione la diffusione
superficiale.
“ Prop. VI. Luci cum discessu a centro accidit aliqua attenuatio in
latum. Prop. VII. Lucis radio cum discessu a centro nulla accidit attenua­
tio in longum: hoc est non quo longior radius hoc rarior seu sparsior, pro­
pter quidem hanc ipsam longitudinem ” (edit.
cit., pag. 9). Di qui è, se­
condo il Keplero, che, considerato un raggio solo, egli è ugualmente vigoroso
a principio e a termine della sua diffusione: considerati più raggi insieme,
perciocchè essi non si attenuano che in latum, deve dunque la loro inten­
sità scemare a proposizione che crescono le semplici distanze.
L'Aguilonio, benchè tenesse anch'egli la diffusione istantanea della luce
e le attribuisse proprietà di spirituale sostanza, non ebbe nulladimeno il co­
raggio di negare una cosa tanto patente al senso, qual'è che i raggi lumi­
nosi diffondonsi d'ogni parte per la solidità della sfera.
Egli perciò nell'Ot­
tica, trattando al Libro V De luminis profusione, non dubita di asserire e
di provare “ Lumen effusum circumquaque in spherae modum distenditur ”
(Antuerpiae 1613, pag.
373).
Dietro un tal verissimo principio l'Aguilonio, primo fra gli Ottici, s'av­
via a risolvere con buon indirizzo il problema dell'intensità della luce.
“ Fors
quisquam hanc idoneam esse causam arbitrabitur, cur lumen progressione
languescat, quod lumen in spherae modum diffundat sese, ut prop.
III osten­
sum est.
Erit itaque corpus lucidum velut centrum eius sphaerae, quam
activitatis vocant, cuius circumferentia erit illa superficies ad quam actio
corporis lucentis terminatur.
Ab hoc ergo centro, sive corpore lucido, si re­
ctos undique radios ad circumferentiam protensos animo concipias, ani­
madvertes eos quo longuis a medio progrediuntur, eo semper ampliori in­
tervallo ab invicem divaricari.
E converso autem eo semper arctius stringi,
quo propius ad centrum accesserint, quoad tandem in unum simul omnes

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