1magno. Hinc cum sit in parvo stipatior, in magno tenuior mensura huius
attenuationis ex ipsa circulorum proportione petenda erit, idque tam in luce,
quam in motrice virtute ” (ibi).
attenuationis ex ipsa circulorum proportione petenda erit, idque tam in luce,
quam in motrice virtute ” (ibi).
L'errore preso qui dal Keplero, fu infausto, come vedremo ai pro
gressi dell'Astronomia matematica, ma perchè non dovesse un simil danno
ricevere l'arte del disegno, l'Accolti fu sollecito di avvertire gli artisti del
l'errore in ch'erano incorsi alcuni Pittori del maggior grido “ i quali hanno
stimato poter conoscere matematicamente e proferire la quantità dell'inten
sione del lume, dovuto a ciascun oggetto in pittura, rappresentati da loro
in diverse parti e siti dei loro piani degradati, con misurare e partire in più
parti perspettivamente eguali il raggio luminoso o spazio, che si frappone
tra l'oggetto illuminato ed il corpo luminoso ” (Prospettiva cit., pag. 98).
E affine che il Pittore, nella rappresentazione di diversi oggetti da illumi
narsi in diverse lontananze sappia come contenersi nel lumeggiare, dimo
stra, traducendo quasi a parola l'Aguilonio, com'è contrario all'esperienza
il digradar la diminuzione de'lumi in prospettiva a proporzione che cre
scono le semplici distanze (ivi, pag. 98, 99).
gressi dell'Astronomia matematica, ma perchè non dovesse un simil danno
ricevere l'arte del disegno, l'Accolti fu sollecito di avvertire gli artisti del
l'errore in ch'erano incorsi alcuni Pittori del maggior grido “ i quali hanno
stimato poter conoscere matematicamente e proferire la quantità dell'inten
sione del lume, dovuto a ciascun oggetto in pittura, rappresentati da loro
in diverse parti e siti dei loro piani degradati, con misurare e partire in più
parti perspettivamente eguali il raggio luminoso o spazio, che si frappone
tra l'oggetto illuminato ed il corpo luminoso ” (Prospettiva cit., pag. 98).
E affine che il Pittore, nella rappresentazione di diversi oggetti da illumi
narsi in diverse lontananze sappia come contenersi nel lumeggiare, dimo
stra, traducendo quasi a parola l'Aguilonio, com'è contrario all'esperienza
il digradar la diminuzione de'lumi in prospettiva a proporzione che cre
scono le semplici distanze (ivi, pag. 98, 99).
Nel 1632 Galileo pubblicava i Dialoghi De'due Massimi Sistemi, e in
quell'Opera così celebre, dove tanto promovevasi la Filosofia naturale, l'Ot
tica non fa nemmeno un passo più avanti. Nel I di que'Dialoghi ha l'Au
tore occasione di toccare un soggetto di Fotometria, ma pronunziando che
“ le medesime superficie vengono dal medesimo lume più o meno illumi
nate, secondo che i raggi illuminanti vi cascano sopra più o meno obliqua
mente, sicchè la massima illuminazione è dove i raggi sono perpendicolari ”
(Alb. I, 91); non faceva altro che tradurre il Teorema II del Maurolico
ne'citati Fotismi. La prima dimostrazione sperimentale, che Galileo dà è
ovvia al senso di tutti; la seconda dimostrazione geometrica è quella stessa,
che il Benedetti dava, come vedremo, per dimostrare il vario grado d'in
tensità calorifica ricevuta dalla superficie o tenuta obbliqua o perpendico
larmente opposta all'irradiazione della sorgente.
quell'Opera così celebre, dove tanto promovevasi la Filosofia naturale, l'Ot
tica non fa nemmeno un passo più avanti. Nel I di que'Dialoghi ha l'Au
tore occasione di toccare un soggetto di Fotometria, ma pronunziando che
“ le medesime superficie vengono dal medesimo lume più o meno illumi
nate, secondo che i raggi illuminanti vi cascano sopra più o meno obliqua
mente, sicchè la massima illuminazione è dove i raggi sono perpendicolari ”
(Alb. I, 91); non faceva altro che tradurre il Teorema II del Maurolico
ne'citati Fotismi. La prima dimostrazione sperimentale, che Galileo dà è
ovvia al senso di tutti; la seconda dimostrazione geometrica è quella stessa,
che il Benedetti dava, come vedremo, per dimostrare il vario grado d'in
tensità calorifica ricevuta dalla superficie o tenuta obbliqua o perpendico
larmente opposta all'irradiazione della sorgente.
La dimostrazione galileiana però è molto meno elaborata. Fate conto
che tutte le linee parallele, che voi vedete partirsi dai termini A, B (fig. 13)
78[Figure 78]
che tutte le linee parallele, che voi vedete partirsi dai termini A, B (fig. 13)
78[Figure 78]
Figura 13.
siano i raggi, che sopra la linea CD ven
gono ad angoli retti: inclinate ora la me
desima CD, sicchè penda come DO, non
vedete voi che buona parte di quei raggi
che ferivano la CD, passano senza toccare
la DO? Adunque, se la DO è illuminata
da manco raggi, è ben ragionevole che il
lume ricevuto da lei sia più debole ” (ivi,
pag. 92).
siano i raggi, che sopra la linea CD ven
gono ad angoli retti: inclinate ora la me
desima CD, sicchè penda come DO, non
vedete voi che buona parte di quei raggi
che ferivano la CD, passano senza toccare
la DO? Adunque, se la DO è illuminata
da manco raggi, è ben ragionevole che il
lume ricevuto da lei sia più debole ” (ivi,
pag. 92).