Gallaccini, Teofilo, Trattato sopra gli errori degli architetti

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[61.] Fineſtra, e Loggia della Benedizione nel Palazzo Pontificio al Quirinale.
[62.] Fineſtra di mezzo nel Palazzo dei Conſervatori di Roma.
[63.] Porta interna nel Palazzo Borgheſe.
[64.] Porta nella Chieſa di San Giovanni Laterano, che conduce nel Palazzo Lateranenſe.
[65.] Porta interiore della chieſa di Santa Martina, e San Luca.
[66.] Una delle due picciole Porte poſte ſopra la facciata di San Pietro di Roma.
[67.] Porta entro la Baſilica Vaticana.
[68.] Porta della Chieſa del Collegio di Propaganda Fide.
[69.] Porta principale dentro la Sala del medeſimo Collegio.
[70.] Fineſtre nel ſecond’ Ordine della facciata dello ſteſſo Collegio.
[71.] Errori diverſi di malinteſa Architettura, che ſi rilevano non meno dentro, che fuori del Tempio Vaticano.
[72.] Fineſtre nel ſecond’ Ordine della Facciata, e ne’ fianchi della Chieſa di S. Pietro di Roma.
[73.] Altre Fineſtre della Baſilica Vaticana.
[74.] Eſempio degli errori ſcoperti nella fabbrica del Pantheon, detto oggi la Rotonda in Roma, cioè nell’ interno d’ eſſe Rotonda.
[75.] Figura dell’ Attico riſtaurato entro il Pantheon.
[76.] Proporzione pel conveniente riſtauro dell’ Attico entro il Pantheon.
[77.] Porta nel portico ſuperiore del Palazzo della Sapienza di Roma.
[78.] Porta nel Clauſtro dei Padri di San Filippo Neri.
[79.] Fineſtra nella Cupola della Sapienza di Roma.
[80.] Fineſtre della facciata del Palazzo de’Signori Baccelli, ed altra in quello dei Signori d’Aſte.
[81.] Fineſtra nel Palazzo Barberini ſopra il giardino.
[82.] Fineſtra del piano nobile nel Palazzo del Signor Principe Pio.
[83.] Eſempio della Porta Pia, di cui tratta il Galazzini, facendone rilevare gli errori.
[84.] Porta del Palazzo de’N.CC. di Sermoneta.
[85.] Porta del Palazzo di Villa Borgheſe. Fineſtra nella facciata di detto Palazzo.
[86.] Porta dell’Oſpizio preſſo la Fontana in capo a Ponte Siſto.
[87.] Porta del Palazzo Aleſſandrino.
[88.] Porta del Palazzo dei Signori Cenci alla Dogana.
[89.] Porta del Palazzo del Principe Altieri.
[90.] Porta in Campidoglio nella nuova fabbrica.
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6145PARTE SECONDA. che, diremo, eſſer queſto collocato nel tralaſciare gli ornamenti inſegnatici dai
buoni Architetti antichi, e dimoſtratici dalle reliquie delle fabbriche antiche
di Roma, e d’altre Città dell’Italia, e della Grecia:
e nel ſoverchiamente di-
lettarsi di trovar nuove invenzioni, ora ſcemando, ora ſcemando, ora mutando, ora rompen-
do le membra principali, e ſinalmente convertendo ogni abuſo in regola, e
tralaſciando ogni dritta norma d’operare con buona ragione d’Architettura.
Lo
che avviene dal non intendere, che nelle fabbriche di qualunque maniera gli
ornamenti ſono determinati di forma, nè si può inventare, ſe non si prende
troppa licenza, e ſe altri non si vuole accoſtare al coſtume barbaro, a grotte-
ſcamenti, a ghiribizzi, ed alle ſantasìe degli Oreſici, e degli Argentieri, dei
Maeſtri di legname, degl’Intagliatori, degli Stuccatori, e dei Pittori.
Ma per
venire ormai al particolare, si proporrà parte degli errori, affinchè conoſciuti
dagli Architetti, ſe ne poſſano guardare.
Diciamo adunque, che allora ſucce-
de uno degli abusi degli ornamenti delle fabbriche, quando s’aggiungono per
ornamento alcune membra non neceſſarie alle fronti loro, nè per reggere alcu-
ne membra, nè per corriſpondenza delle parti.
E per dirla chiaramente, quan-
do tutto il corpo dell’ornamento è perſetto, ſenza d’eſſe;
come, quando ai pi-
laſtri s’aggiungono, o termini, o riſaltamenti di cornici, o nuove membra po-
ſticce, e riportate, che rendono il lavoro troppo ſecco, troppo trito, ed i-
gnobile, e non corriſpondente alla ſodezza, e alla magniſicenza del rimanente,
come si vede in Roma nel ſecond’Ordine della faccia, e de’ſianchi di S.
Pie-
tro, e negli ornamenti fra le colonne.
Dove ſi moſtrano gli ornamenti, più
d’opera di legname, e di ſtucco, che di pietra;
poichè non rappreſentano la
ſodezza della pietra, come ſanno le cornici, le colonne, e i pilaſtri.
Che la
maniera dell’ornamento, che è proprio del legno, e dello ſtucco, non ſi con-
viene alla pietra:
concioſſiachè nello ſtucco, e nel legno non ſi diſdice uſare
qualche licenza, e l’aggiunger qualche capriccio di propria invenzione;
per-
ciocchè in cotali lavori gli ornamenti aggiunti ſon tutte coſe poſticce, e non
hanno legamento reale col tutto, e non naſcono inſieme con eſſo;
ma tutte ſi
legano con ferramenti, con chiodi, e con colle.
Ed appreſſo alle colonne prin-
cipali hanno troppo del trito, e del ſecco, nè moſtrano la medeſima nobiltà,
e grandezza, come ſi vede in quelle porte frappoſte alle tre porte maggiori,
le quali, e per la poca apertura del vano, e per gli ornamenti loro, ſi mo-
ſtrano d’una maniera non corriſpondente a tutto il corpo della fronte, ed alla
grandezza, ed alla maeſtà del Tempio.
Che a un Tempio così grande, e a
un antiporto conſorme alla di lui grandezza, non ſi convengono le porte così
piccole, ſiccome ſi diſconverrebbero porte, e lumi grandi a un Tempio picco-
liſſimo.
Senza che biſogna non ſolamente aver riguardo alla grandezza della
Chieſa, per collocarvi le porte proporzionatamente;
ma ancora al numero
grande del Popolo, ed alla gran ſrequenza, che ſecondo varie occaſioni vi
ſuol concorrere.
E’ancora grandiſſimo abuſo rompere gli architravi, e i ſregj,
per accreſcere i vani, come ſi vede alcune volte negli ornamenti degli Altari,
e ſpecialmente in Siena in S.
Agoſtino negli Altari de’Bargagli, e dei Birin-
gucci, invenzione condottavi di fuori.
E queſto è un errore molto peggiore di
quello del rompere i fronteſpizj;
poichè in tutte le ſabbriche gli architravi ſono quel-
le membra principali, e neceſſarie, le quali inſieme colle colonne reggono tutto
il peſo dell’Ediſizio.
Concioſſiachè nè il fregio, nè la cornice ſon deſtinati
per ſoſtentamento, eſſendo eſſi una parte del peſo, che ſi regge nell’architra-
ve;
poichè le membra poſte in luogo alto non poſſono eſſer ſoſtentanti, e ſo-
ſtentate in uno ſteſſo tempo, ma ſolamente ſono ſoſtentate.
Nè è buona riſ-
poſta il dire, che talora all’architrave già levato, ſuccede il telaro della ri-
quadratura del vano in ſua vece;
poichè il fine del telaro è di legare, e ter-
minare la detta riquadratura con ornamento.
Con queſto abuſo s’accompagna
il rompimento del fregio, e della cornice, per poſare nel ſolo architrave alcu-
na coſa, come cartella, o ſcudo, o ſtatua, o vaſo, o altro, ſecondo l’umore
dell’Architetto.
Il che non ſi fa, ſenza notabile errore, perchè ſi rompe la
continuazione degli ornamenti, ſi diſuniſce il compartimento, e ſi ſcioglie

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